Bari – celebrazioni per il 79° anniversario della fondazione della Repubblica italiana: l’intervento dell’assessora Palone

In occasione del 79° anniversario della fondazione della Repubblica italiana, questa mattina l’assessora Carla Palone, in rappresentanza dell’amministrazione comunale, è intervenuta alle manifestazioni promosse dalla Prefettura di Bari al Sacrario dei Caduti d’Oltremare e in piazza Libertà.

Di seguito, l’intervento integrale.

“Autorità civili e militari, cittadine e cittadini,

sono profondamente orgogliosa di indossare oggi la fascia tricolore in una delle celebrazioni più sentite e rappresentative del nostro Paese. È per me un grande onore porgere a tutti voi il saluto del sindaco Vito Leccese e della Città di Bari, in occasione del 79° anniversario della nascita della Repubblica Italiana.

Il sindaco Vito Leccese, in queste ore, si trova a Roma per partecipare alla parata dei sindaci, organizzata per questa importante ricorrenza. Mi ha concesso l’onore di indossare la fascia tricolore, uno dei simboli più importanti della nostra Repubblica, che rappresenta le autonomie locali, protagoniste ogni giorno del buon funzionamento del nostro Paese, e che costituiscono un pilastro fondamentale dell’organizzazione territoriale e del decentramento amministrativo, come sancito dalla nostra Costituzione.

Ma la Repubblica Italiana è fatta soprattutto di donne e uomini che si riconoscono nei suoi valori, che li vivono e li rappresentano. È soprattutto dei cittadini che, con grande determinazione, il 2 giugno 1946 scelsero di costruire una nuova Italia, recandosi alle urne.

Quella fu la prima vera partecipazione popolare a una consultazione elettorale capace di determinare il destino della Nazione. Una consultazione storica, perché per la prima volta votarono anche le donne, dopo il decreto legislativo del Governo Bonomi emanato pochi mesi prima.

Quel giorno, oltre ventotto milioni di italiane e italiani, pari all’89,08% degli aventi diritto, si recarono al voto. Un numero che oggi appare quasi inimmaginabile, ma che racconta meglio di  mille parole la volontà del popolo italiano di autodeterminarsi, di scegliere per sé e per il proprio futuro.

Ed è a tutti loro che oggi rivolgo il mio grazie più sincero.

Perché fu grazie a quella decisione collettiva, a quella straordinaria spinta di partecipazione democratica, che ci è stata consegnata l’Italia libera, civile e democratica nella quale oggi viviamo.

Questo assume un significato ancora più profondo se consideriamo il contesto in cui quel voto ebbe luogo: un Paese lacerato dalle divisioni e dagli orrori della Seconda guerra mondiale, che avevano attraversato l’Italia intera – da Nord a Sud, dalle città alle campagne, dalle montagne fino alle coste -. Un Paese a cui, per oltre vent’anni, era stata negata la libertà, compresa quella fondamentale di esprimersi democraticamente attraverso il voto.

Anche per questo, oggi, nel giorno in cui celebriamo la nostra Repubblica, credo sia ancora più importante ricordare il valore del diritto di voto che le madri e i padri della Repubblica e della nostra Costituzione ci hanno affidato. Un diritto che abbiamo il dovere di esercitare sempre, in tutte le sue forme. Perché votare significa contare, far sentire la propria voce. Votare significa essere, e sentirsi, cittadini. Ce lo ricordano con forza le parole della giornalista Anna Garofalo, che descrisse con intensa emozione quel 2 giugno 1946, quando per la prima volta le donne italiane votarono a livello nazionale.

“Abbiamo tutti nel petto un vuoto da giorni d’esame, ripassiamo mentalmente la lezione: quel simbolo, quel segno, una crocetta accanto a quel nome. Stringiamo le schede come biglietti d’amore. Si vedono molti sgabelli pieghevoli infilati al braccio di donne timorose di stancarsi e molte tasche gonfie per il pacchetto della colazione. Le conversazioni che nascono tra uomini e donne hanno un tono diverso, da pari”.

Quella fu anche la nascita della Repubblica Italiana: una pagina bianca su cui, finalmente, l’Italia scrisse la parola uguaglianza. Non fu un cammino semplice, né possiamo dire concluso. Ma se oggi sono qui, tra voi, con questa fascia che rappresenta la mia città e le sue istituzioni, lo devo anche alle migliaia di donne che, quel giorno, si accalcarono davanti ai seggi. Donne che sfidarono i padri, i fratelli, i mariti, l’ordine costituito, per consegnare alle nostre nonne, alle nostre madri, alle nostre figlie il diritto di contare. Di contare ed esistere, non per essere uguali agli uomini, ma per essere pienamente cittadine del nuovo Stato che stava nascendo.

A loro, dunque, desidero dedicare questa giornata di celebrazioni e festa.

Alle migliaia di donne che il 2 giugno di 79 anni fa scelsero di partecipare al voto, e a tutte coloro che da allora hanno creduto nello strumento democratico del voto.

Alle 21 donne che sedettero nell’Assemblea Costituente e che, con il loro impegno politico, contribuirono in modo concreto alla costruzione dello Stato moderno in cui viviamo oggi.

Alle donne partigiane, che con coraggio combatterono per liberare il nostro Paese. Alle nostre bambine e ragazze, che hanno il futuro tra le mani, che possono scegliere il proprio destino, che possono essere le cittadine che vorranno essere – perché la Repubblica Italiana riconosce loro pieni diritti e piena uguaglianza.

Dedico la festa della nostra Repubblica anche a tutte quelle donne che, ancora oggi, non hanno le nostre stesse possibilità.

A quelle che non sono libere di essere o di esprimersi.

A quelle che affidano al mare l’ultima speranza di dare un futuro e una casa ai propri figli.

A tutte le donne che, nei loro Paesi, combattono per una Repubblica – o forse perché una Repubblica non l’hanno mai avuta.

A noi tutti, che oggi siamo qui, auguro una buona Festa della Repubblica, con la speranza che possiamo avere sempre la forza e il coraggio di onorare la grande opportunità che, 79 anni fa, gli Italiani e le Italiane ci hanno consegnato.

Viva la Repubblica Italiana, viva l’Italia!”