Bari – Poliba, premio alla Carriera “M. Selim Yalin” al prof. Michele Mossa per i contributi innovativi nell’Ecoidraulica

Temi di ricerca: moto ondoso e vegetazione: effetti sull’erosione costiera; plastiche e microplastiche in ambiente acquatico: studi sulle condizioni ambientali che favoriscono l’accumulo. La sperimentazione nel grande Laboratorio di Ingegneria Costiera del Politecnico (LIC)

Bari, 18 luglio 2025 – Michele Mossa, docente di Idraulica del Poliba, dipartimento DICATECh, è il vincitore del prestigioso 10° Premio alla Carriera “M. Selim Yalin”.

Il riconoscimento internazionale, edizione 2025, gli è stato attribuito dall’Associazione Internazionale per l’Ingegneria e la Ricerca Idro-Ambientale (IAHR) a Singapore (23-27 giugno), in occasione del 41° Congresso Mondiale dedicato al tema, “Ingegneria idrica innovativa per lo sviluppo sostenibile”.

Il premio al prof. Mossa, ordinario di “Idraulica”, gli è stato attribuito per “i suoi contributi innovativi nel campo dell’ecoidraulica, in particolare nelle interazioni tra onde e vegetazione, e della sua leadership a livello globale nella promozione di pratiche sostenibili di ingegneria idraulica attraverso la ricerca, l’educazione e la collaborazione interdisciplinare.”

Il Premio alla Carriera “M. Selim Yalin” viene conferito dal 2006, con cadenza biennale, dall’IAHR (fondata nel 1935), a coloro, la cui ricerca sperimentale, teorica o numerica ha prodotto contributi significativi e duraturi alla comprensione della fisica dei fenomeni e /o dei processi nella scienza o nell’ingegneria idraulica e che ha dimostrato eccezionali capacità nell’insegnamento e nella supervisione universitaria.

L’intervista. Prof. Mossa, il premio alla carriera “M. Selim Yalin” dello HIAR, è un importante riconoscimento ai suoi contributi innovativi di ricerca nel campo dell’Ecoidraulica. Studi che suggeriscono la promozione di pratiche sostenibili di ingegneria idraulica. Se l’aspettava?

Con profonda emozione ho accolto la notizia del conferimento del premio, fino ad oggi assegnato a soli nove studiosi nel campo della meccanica dei fluidi. La notizia mi è stata comunicata attraverso una lettera ufficiale che mi invitava anche a partecipare al convegno biennale IAHR, a Singapore. Un riconoscimento che sento di voler condividere con tutto il gruppo di idraulica del Poliba che ho l’onore di coordinare.

Il riconoscimento è riconducibile agli studi sull’ecoidraulica. Ci spieghi meglio.

L’Ecoidraulica è una disciplina interdisciplinare che integra i principi dell’ingegneria idraulica con le conoscenze dell’ecologia per analizzare, progettare e gestire i sistemi acquatici in modo sostenibile. Il suo obiettivo principale è quello di conciliare le esigenze degli ecosistemi acquatici con le attività umane che modificano il regime dei corsi d’acqua, come le opere idrauliche, la gestione dei sedimenti, la produzione di energia idroelettrica o la difesa del suolo.

E lei affronta due importanti e attualissimi temi. Il primo riguarda le relazioni tra moto ondoso e vegetazione e i riflessi che si determinano sull’erosione costiere. Tema globale, molto sentito in Puglia con circa 800 km di costa. In che modo la vegetazione, può difendere, o almeno rallentare il fenomeno erosivo?

Sto coordinando un gruppo di lavoro di IAHR e UNESCO per la redazione di un white paper sull’ecoidraulica e tra le frontiere più innovative dell’ecoidraulica ci sono le Soluzioni Basate sulla Natura (Nature-Based Solutions), un approccio sostenibile e multifunzionale che sfrutta i processi naturali per affrontare sfide ambientali, sociali ed economiche. Questi interventi, ispirati al funzionamento degli ecosistemi, offrono risposte resilienti e a basso impatto, capaci di integrarsi armoniosamente con il territorio. Nel campo della protezione delle coste, le NBS stanno conquistando sempre più spazio come alternative o complementi “verdi” alle tradizionali opere di ingegneria, come dighe e frangiflutti. A differenza delle infrastrutture “cementizie”, queste soluzioni non solo riducono i rischi legati alle dinamiche litoranee, ma tutelano anche la biodiversità e generano benefici ambientali duraturi. Uno degli ambiti più interessanti riguarda la riduzione dell’energia delle onde, il cosiddetto wave damping. Qui, elementi naturali o seminaturali vengono utilizzati per dissipare l’energia meccanica delle onde attraverso fenomeni come attrito, turbolenza e resistenza al moto, oltre alla flessibilità di piante e vegetazione. Numerosi esempi dimostrano l’efficacia di queste soluzioni: le foreste di mangrovie, le barriere coralline, naturali o artificiali, riducono l’altezza delle onde grazie alla rifrazione e alla rottura anticipata; quelle artificiali, realizzate con materiali naturali o riciclati, aiutano anche a ripristinare funzioni ecologiche compromesse. Le praterie sommerse di fanerogame marine, come la Posidonia oceanica, svolgono un ruolo chiave: le loro foglie e rizomi creano attrito e turbolenza, rallentando la propagazione delle onde verso la costa. Allo stesso modo, le foreste di mangrovie e la vegetazione palustre, con le loro intricate radici, smorzano l’energia ondosa e contrastano l’erosione. Le dune costiere, sia naturali sia rigenerate, agiscono come barriere fisiche efficaci nell’assorbire e dissipare l’energia delle onde. Infine, le zone umide costiere, offrono un’ulteriore difesa grazie alla loro morfologia dolce e alla densità della vegetazione, che rallentano e attenuano il moto ondoso. In sintesi, le Soluzioni Basate sulla Natura rappresentano un nuovo paradigma per la protezione delle coste: non solo rafforzano la resilienza dei litorali di fronte a eventi estremi e all’innalzamento del mare, ma contribuiscono anche alla conservazione degli ecosistemi, alla valorizzazione del paesaggio e al miglioramento della qualità della vita delle comunità costiere.

Plastica. Secondo tema rilevante e di grande impatto. Oggi, in quota emergenza, è la diffusione negli ambienti acquatici (mare, laghi, fiumi) delle plastiche e della conseguente degradazione in micro (inferiori a 5 mm) e nano (inferiori a 1 micrometro) particelle. Che soluzioni si ipotizzano?

La comprensione dei meccanismi di dispersione di micro e nanoplastiche in ambiente marino, influenzati dalle dinamiche ondose e correntizie, è essenziale per una valutazione accurata dell’impatto ambientale e per l’elaborazione di strategie di mitigazione efficaci. Presso il LIC (Laboratorio di Ingegneria Costiera) avvieremo studi sperimentali in canali d’onda e simulazioni numeriche per analizzare i processi di risospensione, trasporto e deposizione di queste particelle, considerando parametri idrodinamici quali velocità e direzione delle correnti, frequenza e altezza delle onde, nonché proprietà fisiche delle plastiche. Questi studi permettono di identificare le condizioni ambientali che favoriscono l’accumulo di plastiche in aree a bassa energia, come baie ed estuari, e sono fondamentali per ottimizzare le tecniche di recupero. Tra queste, l’utilizzo di aggreganti ecocompatibili, naturali o sintetici biodegradabili, consente di promuovere la formazione di agglomerati di dimensioni maggiori, più facilmente rimovibili tramite processi di filtrazione o sedimentazione. L’interdisciplinarietà del tema emerge anche nei potenziali effetti tossicologici delle micro e nanoplastiche sulla salute umana, inclusa la possibile associazione con malattie neurodegenerative quali l’Alzheimer, un campo ancora in fase di approfondimento. A tal proposito, è in programma presso il Politecnico di Bari, in collaborazione con CNR e IIT, una scuola specialistica sulla nanomedicina che affronterà anche le implicazioni ambientali di queste problematiche.

Annunciata intanto, la sede del prossimo congresso mondiale, il 42°, dell’Associazione Internazionale per l’Ingegneria e la Ricerca Idro-Ambientale (IAHR): si terrà in Italia, a Bari, dal 28 giugno al 2 luglio 2027.