Durante l’estate i litorali vengono presi d’assalto dal turismo di massa: per questo è fondamentale conoscere i comportamenti da adottare per ridurre al minimo il proprio impatto ambientale ed evitare di danneggiare l’ecosistema marino. Inoltre chi trascorrerà le vacanze sulle coste o in barca nel Mar Mediterraneo dovrà rivolgere grande attenzione in particolare a Posidonia oceanica, pianta marina endemica in grado di formare grandi praterie sommerse che fungono da casa, rifugio, luogo di riproduzione e fonte di cibo per molti animali marini. A ricordarlo è la Commissione Oceanografica Intergovernativa dell’UNESCO (IOC/UNESCO) che, nell’ambito Decennio delle Scienze del Mare per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (2021-2030), con il suo team di Ocean Literacy coordina “Save The Wave”, progetto con l’obiettivo di tutelare e ripristinare gli ecosistemi marini del Mediterraneo realizzato in collaborazione con E.ON Italia nell’ambito dell’iniziativa Energy4Blue. L’azienda energetica, infatti, da anni è impegnata per la salvaguardia del mare, coinvolgendo direttamente cittadini, clienti, dipendenti, partner e imprese nella riduzione dell’impatto ambientale delle proprie attività, in linea con l’obiettivo di diffondere consapevolezza e buone pratiche in tutto il Paese per la creazione di un futuro migliore e realmente più sostenibile. Ad oggi, il progetto Save The Wave è attivo a Mondello (Palermo) e alle Isole Tremiti, arcipelago al largo delle coste pugliesi, dove sono stati impiantati, in aree di circa 100 metri quadri, i rizomi di Posidonia oceanicascalzati specialmente dall’attività dei diportisti. L’attività di monitoraggio e reimpianto continuerà nel corso di tutta l’estate, insieme ad iniziative di divulgazione per promuovere la consapevolezza e il coinvolgimento di cittadini, giovani studenti, pescatori, imprenditori del settore turistico costiero e non solo. “È fondamentale diffondere la consapevolezza legata ai danni ambientali causati dalle azioni dell’uomo e far sì che le persone conoscano più da vicino l’oceano e il ruolo che ha nella nostra vita quotidiana. Per questo come IOC/UNESCO e in collaborazione con aziende private, ricercatori, istituzioni ed enti no profit, stiamo promuovendo programmi che affianchino la conservazione dell’oceano all’Ocean Literacy, ovvero l’Educazione all’Oceano, riconosciuta come uno dei pilastri per il raggiungimento degli obiettivi del Decennio del Mare e degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030”, spiega Francesca Santoro, Senior Programme Officer per IOC/UNESCO e responsabile a livello mondiale dell’Ocean Literacy per il Decennio del Mare. Proprio con l’obiettivo di sensibilizzare cittadini e turisti sul valore e la fragilità di Posidonia oceanica, oltre che di tutto l’ecosistema marino, IOC/UNESCO e E.ON Italia condividono i suggerimenti per trascorrere le giornate estive tra spiagge e calette nel pieno rispetto dell’oceano. 1 – Conoscere Posidonia oceanica per contrastare la crisi climatica Per rispettare Posidonia oceanica, è importante comprenderne appieno il ruolo. Grazie alle sue lunghe foglie e forti radici, Posidonia oceanica aiuta mitigare la forza delle onde e attenuare l’erosione costiera e, soprattutto, rappresenta un ecosistema che ospita circa il 25% della biodiversità del Mediterraneo e sono in grado di produrre ossigeno e catturare biossido di carbonio dall’atmosfera nelle radici e nel substrato sottostante. Per questa sua capacità di trattenere grandi quantità di carbonio, le praterie di Posidonia oceanica sono ecosistemi Blue Carbon, alleati cruciali per contrastare gli effetti del cambiamento climatico. 2 – Gettare l’ancora senza danneggiare i fondali Chi sceglie di trascorrere le proprie vacanze in barca deve rivolgere grande attenzione al tema dell’ancoraggio: ancorarsi sulle praterie di Posidonia oceanica significa di fatto strapparne ampie porzioni, sia durante la sosta che nel momento in cui si deciderà di salpare. È bene dunque sensibilizzare il diportista o lo skipper sul tema ed eseguire l’ancoraggio senza fretta e solo dopo aver monitorato le caratteristiche del fondale, così da evitare le zone con praterie di Posidonia. 3 – Non abbandonare rifiuti in mare e sulla spiaggia È fondamentale non lasciare “tracce” del proprio passaggio sul litorale o in mare: per questo non bisogna abbandonare rifiuti sulla spiaggia né tanto meno gettarli in acqua. Attenzione quindi a lattine in alluminio, fazzoletti di carta, oltre ovviamente a bottiglie, buste o imballaggi in plastica. Anche quelli in PLA, di origine biologica e biodegradabile, non si degradano nell’ambiente marino più rapidamente delle plastiche che provengono dal petrolio1, ma vanno sempre conferiti negli appositi contenitori per la raccolta differenziata. Questo anche per evitare di aggiungere ulteriore plastica nel mare: secondo il rapporto “The Mediterranean: Mare plasticum”, pubblicato dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), ogni anno nel Mar Mediterraneo vengono scaricate circa 229 mila tonnellate di rifiuti di plastica, provenienti dalle città (50%), dai fiumi (30%) e dal dal traffico marittimo (20%). Una volta raggiunta l’acqua, questa plastica si sposta a seconda della sua densità e delle correnti. Abbandonata in acqua, la plastica rilascia componenti chimiche in grado di creare grandi disagi ai cicli vitali, riproduttivi e nutritivi della fauna marina. Inoltre è nelle nostre acque in grandissime quantità. 4 – Non raccogliere sassi e conchiglie Non scegliere come “souvenir” della propria vacanza al mare sassi, ciottoli, sabbia, conchiglie, coralli: oltre ad essere considerato in alcuni luoghi un vero e proprio reato – a seconda delle norme regionali, sottrarre materiali di questo tipo comporta gravi danni all’habitat. Le conchiglie, ad esempio, possono essere “casa” dei molluschi e anche vuote sono ricche di carbonato di calcio, prezioso per l’ecosistema marino. 5 – Attenzione alle creme solari Le creme solari possono avere forte impatto sulla salute dell’oceano. Le sostanze chimiche che contengono entrano infatti nell’ambiente marino, disperdendosi sia nella colonna d’acqua che nei sedimenti, attraverso sia l’immissione diretta da parte dei bagnanti che gli scarichi di acque reflue domestiche e industriali. Rischiano infatti – tra i vari effetti – di alterare la crescita ed il processo fotosintetico delle alghe verdi, accumularsi nel tessuto dei coralli causandone lo sbiancamento o la morte, accumularsi nei tessuti dei delfini e trasferire questo accumulo di composti chimici nella prole. In particolare, alcuni filtri solari inquinanti sono stati ritrovati anche nelle fronde e nei rizomi della Posidonia oceanica: l’accumulo di queste sostanze tossiche all’interno di Posidonia ha effetti ancora incerti, ma è alto il rischio di conseguenze sia a livello fisiologico – come le alterazioni dei processi riproduttivi e di fotosintesi – che ecosistemico. Le sostanze chimiche dannose all’interno delle creme solari appartengono alla categoria UVF, ovvero filtri ultravioletti, necessari ad assorbire e riflettere i raggi UV-A e UV-B. Si tratta di sostanze sia organiche (ad esempio benzofenoni, p-aminobenzoati e canfora) che inorganiche, come ossidi di nanoparticelle: biossido di titanio (TiO2) e ossido di zinco (ZnO). Per questo è fondamentale informarsi prima di acquistare prodotti per la protezione solare: meglio privilegiare creme ocean-friendly, prive dei composti chimici incriminati, e in generale, in ottica di riduzione del consumo di questi prodotti, evitare le ore più calde e proteggersi dal sole con gli ombrelloni, o indossando indumenti appositi anche mentre si fa il bagno in mare. |