
Fuochi d’artificio, concerti, sfilate con bande musicali, antiche danze e atti religiosi all’ombra del monumentale castello
Fuochi d’artificio, concerti, sfilate e antiche danze: a Peñíscola il passato e il presente si fondono in una celebrazione speciale, dove la memoria del leggendario Papa Luna si mescola con la devozione per la Vergine della Ermitana. Ogni anno, questa cittadina della costa valenciana si trasforma, offrendo uno spettacolo che unisce la solennità della tradizione con il fervore popolare.




















A un primo sguardo, i balli ancestrali che rappresentano il clou delle feste in onore della Vergine della Ermitana sembrano non avere nulla in comune con la storia di Benedetto XIII, il controverso Pedro Martínez de Luna. Ma è impossibile non notare il legame profondo che unisce le celebrazioni al maestoso castello che domina la città, l’ultima dimora del Papa Luna.
Poche fortezze godono di una posizione così privilegiata, nella zona più elevata della città. Costruita dai templari sui resti dell’antica alcazaba araba, è una costruzione imponente e fu il rifugio di uno dei protagonisti del Grande Scisma d’Occidente. Qui il Papa Luna aragonese esercitò per due decenni la funzione di Sommo Pontefice sui territori a lui fedeli, in mezzo a costanti negoziati per porre fine allo Scisma. Visse prima ad Avignone, nel palazzo dei Papi, che abbandonò nel 1403 per spostarsi tra diverse città della Francia e dell’Italia. E nel 1415 fissò la sua residenza a Peñíscola, nell’antico castello templare, che trasformò in un palazzo leggendario. Si circondò di arte e conoscenza, fondando una delle biblioteche più importanti dell’epoca, ricca di opere che spaziavano dalla teologia all’alchimia, dai trattati bellici all’astrologia, dall’astronomia alle proprietà delle piante, attirando su di sé accuse di stregoneriaa causa di alcuni “libri occulti”.
Da Peñíscola, Benedetto si scontrò con i romani Innocenzo VII e Gregorio XII e, dopo il Concilio di Pisa, anche con Alessandro V e Giovanni XXIII. Sopravvisse a vari tentativi di avvelenamento e si rifiutò sempre di abdicare, anche dopo la rinuncia degli altri papi e la nomina di Martino V nel Concilio di Costanza nel 1417. La sua celebre frase, “Io rimango nei miei tredici” (traduzione letterale di “yo sigo en mis trece”, che vuole significare “rimango della mia idea”), si interpreta oggi come la testardaggine di chi si rifiuta di cambiare opinione o di cedere a compromessi. Pedro Martínez de Luna morì il 17 maggio 1423, convinto fino alla fine di essere l’unico papa legittimo. Si narra che le sue ultime parole furono: “Papa sum”.
Danze e devozione: il cuore della festa
Oggi il castello non è più la residenza di un papa, ma il palcoscenico principale delle “Fiestas de la Ermitana”, anche se il ricordo papale è ancora vivo a Peñíscola. È da qui che partono le danses, una serie di balli ancestrali le cui origini si perdono nella storia, evocando le tradizioni guerriere e contadine della zona. I partecipanti, chiamati dansants, gitanes, moros y cristians, si muovono in coreografie suggestive che culminano nella costruzione del castell, una torre umana formata da giovani che si arrampicano fino a toccare il cielo, coronata da un bambino. Gli ultimi giorni di questa festa hanno luogo le sfilate di Mori e Cristiani, che riempiono di colore le strade di Peñíscola. Fuochi d’artificio, feste, concerti, sfide, competizioni sportive, corse di tori e sfilate di bande musicali e diversi atti religiosi sono le altre attività che fanno parte di questi festeggiamenti così radicati nella tradizione e tra la popolazione: momenti che si vivono con gioia e devozione.
Così dichiara il Sindaco di Peñíscola, Andrés Martínez Castellá: “La Vergine della Ermitana ci accompagna in ogni celebrazione, in ogni desiderio, in ogni incertezza, in ogni commemorazione. Fa parte della nostra tradizione e della nostra fede, perché la rendiamo partecipe, testimone e garante dei momenti più importanti della nostra vita”.
Da parte sua Ramón Simó, Assessore al Turismo di Peñíscola, commenta: “Le danze, le sfide e la musica sono molto più di un’espressione artistica; sono memoria viva del nostro popolo, un linguaggio ancestrale che si trasmette di generazione in generazione. L’eleganza dei passi, la ricchezza degli abiti e l’armonia dell’esecuzione ci connettono con secoli di storia e ci ricordano chi siamo”.
Ciascuno dei gruppi partecipanti prende parte alla processione pomeridiana, accompagnando l’immagine durante il giro di tutto il borgo antico, formando due file davanti a essa e ballando per tutto il tragitto; i moros e i cristians fanno da scorta all’immagine che viene portata a spalla. Dopo la processione nella Plaza de Armas, di fronte all’eremo della Patrona e ai piedi del superbo castello, i diversi gruppi si esibiscono, mantenendo vivo questo importante elemento popolare. La parte coreografica si compone di balli con spade, bastoni, archi e nastri, a cui si aggiungono i piccoli scudi broqueles.
L’elemento più affascinante sono le sottane inamidate indossate dagli uomini, un’usanza che, secondo la leggenda, risale a un’antica battaglia, e che si vedono anche in altre feste simili in località del Nord della Spagna. A Peñíscola si crede che la loro origine sia dovuta al gesto delle donne che, al ritorno dei loro uomini da una battaglia, vittoriosi ma con gli abiti a brandelli, cedettero loro le sottane per coprirli e con esse ballarono una danza trionfale, creando così un rito.
Un’altra peculiarità delle feste di Peñíscola sono gli “Els cavallets”, un gruppo di danzatori che, simulando combattimenti a cavallo, rievocano antiche battaglie. Questo gruppo è stato molto popolare, in passato, nelle terre valenciane.
Anche se i preparativi partono giorni prima, il primo settembre arriva il suono a festa delle campane. È la chiamata: a partire da quel giorno inizia ogni sera la novena alla Vergine (preghiera comunitaria del Rosario nell’eremo), che fa sentire ai peñiscolanosche le feste si stanno avvicinando.
Un’origine antica
Secondo la tradizione le feste risalgono a dopo la Riconquista, quando l’immagine della Patrona, nascosta durante la dominazione islamica, fu riportata al culto. Ma la prima notizia delle feste in onore della Patrona Maria della Ermitana è del 3 agosto 1664, quando una sessione del Consiglio Comunale ne ratificò la celebrazione e il normale svolgimento. La notizia conosciuta più antica sull’esistenza delle danze ancestrali in processione è datata 15 settembre 1677, tuttavia, sembra che si celebrassero già da molto tempo prima.
Di fatto, uno dei momenti più importanti delle feste, che ha luogo una settimana dopo, sono le suggestive sfilate delle schiere moresche e cristiane che commemorano le battaglie della Riconquista tra Mori e Cristiani – che ebbero luogo dal’VIII al XV secolo – sottolineando la tradizione e i lunghi anni di convivenza e scambio culturale tra le due culture. Con i loro abiti sfarzosi e coloratissimi, realizzati con mesi e mesi di lavoro artigianale, i partecipanti riempiono le strade di un’atmosfera medievale. L’”Entrada Mora” rappresenta l’arrivo dei Mori in città ed è una sfilata spettacolare in cui le compagnie moresche, invadono le strade al ritmo di musica e danze. E, naturalmente, c’è anche una “Entrada Cristiana”, in cui le compagnie cristiane rappresentano i cavalieri e i soldati dell’epoca con scudi e bandiere.
La cura e il dettaglio di questi abiti sono la principale attrattiva delle sfilate; in quelli delle compagnie cristiane solitamente predominano il colore rosso e l’oro, che simboleggiano potere e ricchezza, mentre i mori optano per colori vivaci come il verde e il blu, che evocano il cielo. Le sfilate di solito concludono i festeggiamenti il cui culmine è segnato da un grandioso spettacolo pirotecnico che, con lo sfondo del centro storico e del maestoso Castello del Papa Luna, offre un finale indimenticabile a una celebrazione che, anno dopo anno, continua a coniugare storia, fede e comunità.
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