
A settant’anni dalla nascita di Lorenzo Bonechi (Figline Valdarno, 1955 – 1994), il Museo Novecento rende omaggio all’artista valdarnese con una mostra personale composta da 25 opere che dialogano con la collezione permanente del museo. L’esposizione dal titolo “La città delle donne”, a cura di Sergio Risaliti e Eva Francioli e in collaborazione con l’Archivio Lorenzo Bonechi, apre al pubblicovenerdì 4 luglio fino a mercoledì 29 ottobre 2025.
Lorenzo Bonechi, attivo dalla fine degli anni Settanta, prende parte al fervente panorama artistico degli anni Ottanta, segnati non solo dalla Transavanguardia, ma anche dall’Anacronismo e dalla Pittura colta. Artefice di una ricerca fondata sul disegno, sperimenta incisione e scultura, per poi dedicarsi, a partire dal 1982, quasi esclusivamente alla pittura, utilizzando tempera e olio.
«Il Museo Novecento ospita questa mostra dedicata a Lorenzo Bonechi, un artista valdarnese di straordinaria profondità, a settant’anni dalla sua nascita – ha detto l’assessore alla cultura Giovanni Bettarini. – La città delle donne ci offre l’opportunità di esplorare il suo universo artistico, dove figure eteree e sacre si intrecciano con paesaggi e architetture minimali, creando un dialogo tra spiritualità e umanità. Questa esposizione, curata dal Museo Novecento e in collaborazione con l’Archivio Bonechi, rappresenta un omaggio doveroso a un artista che ha lasciato un segno indelebile nel panorama internazionale.»
«Al Museo Novecento compete la valorizzazione delle proprie prestigiose collezioni, la scoperta di giovani talenti, il recupero di figure artistiche magari poco considerate nel gioco dell’arte nonostante il valore indubbio della loro produzione. Mostre come questa dedicata a Lorenzo Bonechi nascono con l’intento di ricostruire il corso delle vicende storiche e quindi riposizionare l’artista laddove merita, tra i maggiori protagonisti dell’arte italiana e non solo del nostro tempo. Bonechi è stato pittore e scultore di straordinaria densità spirituale e poetica, figura appartata, coltissima e sensibilissima, visionaria nel senso vero dell’arte, interprete di iconografie che esprimono la tensione umana verso l’assoluto, il desiderio inalienabile di trascendenza, il riverbero in terra delle armonie del cosmo – ha detto Sergio Risaliti, direttore del Museo Novecento. – Bonechi ha saputo evocare, con una lingua pittorica colta e ispirata, una dimensione altra, dove la pittura si fa soglia verso il sacro e il tempo dell’immagine si espande in una meditazione senza fine. Le sue figure femminili, ieratiche, eteree e insieme profondamente umane, ci guidano in un viaggio iniziatico, che affonda le radici nella memoria iconica del Trecento e nel silenzio delle icone bizantine, per farsi parabola universale di bellezza, purezza e rivelazione. “La città delle donne” è allora anche un luogo mentale e simbolico, dove si celebra la presenza del femminile come principio generativo e salvifico, come manifestazione di una spiritualità antica e attualissima. Un messaggio che restituisce in ultima sacralità alla dimensione politica e delle relazioni sociali.»
«Le figure femminili di Lorenzo Bonechi ci raccontano di un’umanità contingente eppure eterna, fissata in una dimensione senza tempo che vivifica lo spazio attraverso pose fisse e immutabili.
Abbigliate con abiti semplici e contemporanei, l’artista studia e ricostruisce nel dettaglio le loro figure a partire dall’osservazione dal vero. – ha affermato Eva Francioli, co-curatrice della mostra – Attraverso il disegno fissa le immagini osservate e rivissute nella memoria, spesso ricorrendo all’ausilio di scatti fotografici che ritraggono modelle in posa. È un’umanità allo stesso tempo reale e ideale, dalla duplice natura terrena e divina, quella narrata da Bonechi. L’artista, sempre rigorosamente fedele a sé stesso, ai propri principi, attraversa i paesaggi della sua terra d’origine e li rilegge facendo risuonare le armonie in essi nascoste. Le proporzioni della campagna toscana e dei borghi che ne costellano il territorio ritornano, idealizzate, nelle Città celesti. Queste architetture, ridotte all’essenziale e rese con rigorosa proiezione geometrica, sembrano discendere da una visione interiore: evocano le “visioni di Gerusalemme” dell’Apocalisse di San Giovanni, la città santa che discende dal cielo «pronta come una sposa adorna per il suo sposo» (Ap 21,2). In esse si manifesta un’idea di armonia ultima, di trasfigurazione dell’umano nel divino, di città come corpo mistico e specchio del destino ultimo dell’umanità. In questo senso, Bonechi si pone in una linea ideale che attraversa la tradizione cristiana, ma anche la riflessione civile di pensatori come Giorgio La Pira, per il quale la città non è soltanto luogo dell’abitare, ma forma terrena di una vocazione spirituale e comunitaria. Come per La Pira, anche per Bonechi la città sembra quindi costituire una sorta di profezia e promessa: immagine visibile dell’invisibile, luogo in cui l’umano si prepara a incontrare il divino.
La costruzione delle Città celesti procede così per contrasti armonici tra primari e complementari, tra la precisione delle linee e l’intensità spirituale della luce, tra la severità delle forme e la dolcezza dei volti. Con la maestria derivata dalla conoscenza dei grandi artisti del passato, Bonechi sperimenta geometrie che evocano dinamiche non di questa Terra, ricordandoci come l’essenza della realtà sia di fatto impossibile da cogliere con i soli sensi, ma richieda un ulteriore salto nel mistero, uno slancio di fede che apre squarci su un altrove che è già qui.»
Profondamente radicato nella cultura toscana, Bonechi guarda con attenzione all’arte del Trecento e del Quattrocento, approfondisce la tradizione bizantina e quella delle icone russe, unendo l’indagine spirituale allo studio delle fonti storiche e letterarie. Nascono così opere intrise di riferimenti alla pittura antica e alle iconografie sacre, in un percorso caratterizzato da una rara coerenza espressiva.
Nei suoi primi lavori emerge un segno mosso e franto, che evolve, tra il 1986 e il 1987, in una nuova essenzialità: rigore compositivo e campiture di colore nette, tese verso una fissità quasi mistica. Dall’inizio degli anni Novanta, la sua produzione si apre tuttavia a una nuova gestualità, che aggiorna la sua costante ricerca di equilibrio tra spiritualità e umanità.
La mostra intende valorizzare in particolare il ruolo della figura femminile nell’opera dell’artista. Donne eteree ma concrete, collocate tra paesaggi armoniosi e architetture minimali, appaiono talvolta come sante eremite, talaltra come protagoniste di una sorellanza ispirata. Solitarie o in gruppo, si presentano come emanazioni di una doppia natura, terrena e divina, evocando al tempo stesso sia immagini della cristianità che le Korai greche, a proposito delle quali lo stesso Bonechi annotava nel proprio diario:
«Sono in sostanza corpi umani in cui si vuol esaltare la più perfetta delle forme create, la più amata dagli dei […]. Queste statue al primo momento ci possono apparire rozze, rigide, assenti, ma sono le prime emozionanti rappresentazioni dell’uomo […] nella assoluta nobiltà della sua forma.»
La mostra attraversa alcuni dei temi più ricorrenti nella pratica dell’artista: le figure sospese nel tempo, l’indagine sulla sacralità dell’esistenza, la Città celeste, il paesaggio – antropizzato o naturale – che diventa talvolta protagonista assoluto della rappresentazione.
L’esposizione al Museo Novecento vuole così gettare nuova luce su un artista di straordinaria profondità, prematuramente scomparso, ma già in vita apprezzato a livello internazionale. Le sue opere sono state presentate in prestigiosi musei e gallerie: dal National Museum of Modern Art di Tokyo alla Tate Gallery di Londra, dallo Smithsonian Hirshhorn Museum di Washington alla Sperone Westwater Gallery di New York.
La critica e il mercato hanno riconosciuto il valore del suo linguaggio personale, tanto da celebrarlo post mortem alla 46ª Biennale di Venezia (1995). Le sue opere sono oggi conservate in importanti collezioni pubbliche e private, tra cui il Gabinetto dei Disegni e Stampe degli Uffizi, la Tate Britain, il Philadelphia Museum of Art e il National Museum of Modern Art di Tokyo.
Si ringraziano Archea Associati, Leofrance S.p.A. e Tacheolab S.r.l.