Omceo Bari – Anelli: “La migliore terapia contro la violenza? Avere il tempo per ascoltare i pazienti”

Bari, 5 Settembre 2025. “Il tempo che i medici dedicano all’ascolto dei pazienti è tempo di cura. E il tempo è un valore che non viene quantificato dal SSN, eppure è una variabile importante nella dimensione della violenza. Ma oggi i medici hanno sempre meno tempo per parlare con i cittadini”. Ha aperto così Filippo Anelli, Presidente dell’Ordine dei medici di Bari, l’annuale concerto  in memoria della dott.ssa Paola Labriola – tragicamente scomparsa il 4 settembre 2013 – e di tutti i Professionisti sanitari vittime di violenza. In apertura è intervenuto monsignor Giuseppe Satriano, arcivescovo di Bari, a cui Anelli ha manifestato il pieno sostegno a nome dell’Ordine per l’impegno profuso dalla Chiesa in difesa della Pace.

L’evento, organizzato dall’Omceo di Bari  in collaborazione con la Regione Puglia, è  stato preceduto da una tavola rotonda dal titolo “Un Piano Strategico contro la Violenza nella Programmazione Regionale in Sanità”, che è stata una occasione di confronto sulle azioni concrete a tutela del personale sanitario, con particolare riferimento alle misure di sicurezza sul lavoro per prevenire le aggressioni e garantire ambienti di cura più sicuri e protetti.  Alla serata hanno preso parte il Prefetto di Bari Francesco Russo e rappresentanti delle forze dell’ordine, che il Presidente Anelli ha ringraziato per la preziosa collaborazione nel contrasto al fenomeno della violenza. 

Il Presidente Omceo ha presentato i dati di una recente ricerca Fnomceo-Censis, che vuole indagare proprio le cause della violenza nei confronti dei medici e degli altri operatori sanitari. Per quanto riguarda la percezione dei cittadini, i dati mostrano il gap tra aspettative ed esperienze concrete, il cui esito inevitabile è un’incrinatura nel rapporto medico-paziente. In concreto, tale rapporto è sempre più schiacciato dai tempi ristretti che gli operatori sanitari possono dedicare all’interazione con pazienti, familiari o caregiver. E origine importante è la carenza di personale, tanto che il 66,4% dei cittadini ha verificato la forte carenza di medici e infermieri, con punte del 71,9% nel Sud e Isole. 

Un rapporto incrinato anche dalle esperienze negative vissute dai cittadini nei luoghi essenziali della sanità. Al 52,2% dei cittadini (al 60,5% al Sud e Isole) è capitato di avere, per sé o per un parente, una brutta esperienza in un Pronto Soccorso (lunghissime attese, carenza di informazioni, ecc.). In generale, nelle esperienze avute negli anni, il 72,3% dei cittadini ha verificato un peggioramento nel Servizio sanitario nel tempo. 

In effetti, in venti anni si registra un incremento del carico medio teorico per punto di Pronto Soccorso di 7.923 unità annue pari a +23%. Anche sul territorio, si registra una diminuzione del numero dei medici di medicina generale, con conseguente aumento del numero degli assistiti e dei carichi di lavoro.  Gli attuali 37.983medici di medicina generale sono in numero inferiore di oltre 9 mila unità rispetto a 20 anni fa e di oltre 7 mila rispetto a 10 anni fa. 

Come fronteggiare quindi questo disagio profondo che accomuna medici e cittadini all’interno del SSN? Sicuramente investendo sul servizio sanitario pubblico, come hanno sottolineato diversi interventi nel corso della serata, a partire da quello di Vito Calabrese, che ha lamentato come il Centro di salute mentale dove lavorava e dove è stata uccisa la moglie Paola Labriola sia stato chiuso, lasciando il quartiere privo di presidi. Anche Danny Sivo, Direttore sanitario del Policlinico di Bari concorda sulla necessità di non limitare gli interventi alla messa in sicurezza delle strutture. Presentando la sperimentazione portata avanti in questi ultimi due anni dell’infermiere di accoglienza e di processo – ora estesa a tutti gli ospedali pugliesi – ha enfatizzato l’importanza della comunicazione come cruciale fattore di prevenzione.