
- Poesia –
a cura di Paolo Galvagni
(i Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno)
In copertina: Un ritratto fotografico del poeta realizzato da Jussuf Karajev
Ferganà è una fertile valle, circondata dal Tien Shan e dal Pamir, situata nell’Asia centrale, nel punto in cui l’Uzbekistan si incontra con il Tadžikistan e la Kirgizija. È stata descritta come un antico mare senz’acqua, con spettri di onde luccicanti in lontananza: in un’epoca remota era un mare, che poi si è prosciugato. Fergana è anche u na graziosa città, situata nella valle omonima, fondata nel 1877 dai Russi durante la spedizione in A ia centrale, che li portò alla conquista dell’antico canato di Kokand. (1) L’architettura coloniale russa conferisce alla città la parvenza di una Macondo romantica e misteriosa. La cultura uzbeca è composta da fattori eterogenei: il fatalismo tipicamente orientale, l’elemento islamico, che affonda le sue radici nel sufismo, le grandi filosofie dell’Oriente (buddhismo e taoismo), la vicinanza geografica e storica dell’India e della Cina.
“In sostanza, Ferganà anche oggi è una valle dimenticata da Dio e dagli uomini, un buco, la periferia delle periferie, ma al tempo stesso è uno spazio vuoto benedetto, dove in maniera del tutto naturale risuona qualunque testo poetico (gli oggettivisti americani degli anni Trenta, gli ermetici italiani degli anni Venti, etc.) senza un vitale ottundimento, senza un pigro disprezzo a una grande distanza temporale dall’abbondanza di capolavori letterari alla fine del secolo”. (2)
La poesia di Ferganà comprende autori uzbechi, tagichi, tartari, ebrei, russi. Sono cresciuti e si sono formati in un’epoca in cui l’Asia centrale sovietica conosceva un periodo di ristagno e non disponeva di una intelligencija compatta. Come in tutte le periferie nazionalistiche dell’ex URSS, si tendeva a preferire il russo rispetto alla lingua locale. Passava attraverso questa lingua franca non solo l’istruzione scolastica e universitaria, ma spesso anc he la cultura nelle sue varie forme (i libri, il cinema, etc). Per tale motivo questi autori scrivono poesia in russo, che considerano al pari della lingua madre, o, in certi casi, prima lingua. Questo originale movimento letterario si inserisce nella tradizione dall’avanguardia degli anni Settanta-Ottanta, costituita da letterati, musicisti e pittori. All’inizio degli Ottanta Šamšad Abdullaev, segretario della filiale di Ferganà dell’Unione degli Scrittori (uzbeco-sovietici), fonda l’associazione letteraria “Soty” [Favo], che organizza regolarmente iniziative varie (incontri, serate di poesia, etc.). Vi partecipano Aleksandr Gutin, Grigorij Kohelet, Daniil Kislov e Chamdam Zakirov. Era l’embrione del futuro gruppo. La “scuola poetica di Ferganà” nasce ufficialmente con questo nome nel 1991, quando sul numero di maggio di “Zvezda Vostoka” [Stella d’Oriente] (rivista di Taškent in lingua russa) viene pubblicata una breveantologia, che comprende testi di Abdullaev, Kislov e Zakirov. La letteratura della scuola di Ferganà è un fenomeno ragguardevole, che varca i limiti del mondo centro asiatico. I Russi si sono sempre interessati dell’Asia, ma l’hanno descritta dall’esterno. La scuola di Fergana è un grandioso esperimento, perché la vita asiatica è descritta dall’interno, in un russo originale… Qui anche i gatti si lavano a loro modo: “Il gatto fa amen, come uno sciita che prega con una sola mano”… Certo, Fergana non è solo questa sensazione dell’Asia eterna e pigramente contemplativa, ma in russo nessuno ancora aveva espresso questo nirvana così fedelmente… Versi non come equilibrismo letterario, ma come metodo per conoscere la vita. La descrizione dell’oggetto è condotta a un naturalismo estremo attraverso stati d’animo irreali. Spiccano un peculiare lirismo depressivo, l’antistoricismo, l’avversione per l’azione e per la narrazione totalizzante.La realtà sociale si dissolve, l’eticità va in secondo piano. Abdullaev afferma: “…la priorità delle immagini visuali, prive di una riflessione complessa, di ricercate astrazioni e meditazioni riguardo ai valori sociali e morali predominanti…”.
1) La conquista dell’Asia centrale da parte dei Russi avvenne mediante una serie di audaci spedizioni militari, che si svolsero tra il 1865 e il 1877.
2) Da “Poezija i Fergana” [La poesia e Fergana], testo di Abdullaev pubblicato sulla rivista “Znamja”, n. 1, 1998
Šamšad Abdullaev è nato nel 1957 a Ferganà (Uzbekistan orientale). Nel 1979 si è laureato in filologia russa presto il locale Istituto pedagogico. Ha lavorato nella casa editrice “Ëš gvardija” (Taškent), nel laboratorio di sceneggiatori presso la compagnia cinematografica “Uzbekfil’m”. Nel 1988 ha fondato l’almanacco “Molodost’” (Taškent). Nei primi anni Novanta ha diretto la sezione di poesia nella rivista “Zvezda vostoka”. Ha vissuto a Ferganà e ad Almaty (Kazachstan). Dopo una lunga malattia si e spento nel 2024. La sfera degli interessi artistici spazia dalla prosa libera frammentaristica ai versi, dalle sceneggiature agli articoli, riguardanti i problemi della pratica poetica contemporanea e della cinematografia (articoli su Antonioni, Rechviašvili, Pierre Casta, Olmi, etc). È autore di sceneggiature per film a cartoni animati “Pauza” [Pausa] (regia di Sergej Alibekov, premio al festival di Annecy), “Lošad’” [Il cavallo] (regia di M. Machmudov, premio al festival del cinema d’animazione a Istanbul). Tra le raccolte poetiche si ricordano Promežutok [Intervallo] (1992), Medlennoe leto [La lenta estate] (1997), Nepodvižnaja poverchnost’ [Superficie immobile] (2003), Približenie okrain [L’avvicinarsi delle periferie] (2013), Pered mestnost’ju [Davanti alla località] (2017), Monotonnost’ predmest’ja [La monotonia di un sobborgo] (2023); i volumi di prosa Dvojnoj polden’ [Doppio mezzogiorno] (2000), Pripominajuščeesja mesto [Un luogo che si ricorda] (2012). Suoi versi sono apparsi su varie riviste in lingua russa: “Znamja”, “Volga”, “Zvezda Vostoka”, “Mitin žurnal”, “Kommentarij”, “Poezija i kritika”, “Rodnik” (Riga), “Černovik” (New York), “Kollegium”, “Voum”, “Mnogotočie”, “Nezavisimaja Gazeta”, “Ural’skaja nov’”, “TextOnly”.
È stato insignito di vari riconoscimenti: il premio Andrej Belyj (Pietroburgo 1993), il premio delle riviste “Samvatas” (Kiev 1993) e “Znamja” (Mosca 1998).
I suoi testi (versi, racconti, saggi, interviste) sono stati tradotti in finlandese, francese, tedesco e italiano.