Taranto – ARCHE’ IL PRINCIPIO E L’ACQUA FINO AL 1 FEBBRAIO AL MARTA

“ARCHE’, IL PRINCIPIO E L’ACQUA”

Dal 26 settembre 2025 al 1 febbraio 2026

al Museo archeologico nazionale di Taranto

“Fonte di vita e di fertilità, mezzo di purificazione e di passaggio, veicolo di relazione con il divino, l’acqua si rivela elemento capace di strutturare tanto la dimensione quotidiana quanto quella religiosa e simbolica”.

E’ con queste parole che il prof. Massimo Osanna, direttore generale Musei Italiani per il Ministero della Cultura, evidenzia la forza del lavoro di ricerca realizzato dal Museo archeologico nazionale di Taranto.

Ἀρχή, Archè, l’origine, è il principio che torna a scandagliare il paesaggio tarantino, i suoi corsi d’acqua dolce. Ciò che nella filosofia greca segna l’inizio delle cose, la sostanza primordiale da cui tutto deriva e a cui tutto ritorna.

Dedicata all’acqua e alla vita che attorno ad essa si sviluppò, la mostra “Archè. Il principio e l’acqua” sarà visitabile, nelle sale espositive del Museo archeologico nazionale di Taranto, fino al prossimo 1 febbraio 2026.

Perchè Taranto è i suoi due mari, ma non solo.

Dal punto di vista geologico e paesaggistico, si tratta di un territorio intrinsecamente plasmato dall’acqua dolce, che attraverso la mostra torna protagonista.

“La realizzazione di questo lavoro di studio ed esposizione avviene in concomitanza dei lavori del 64esimo Convegno Internazionale di Studi sulla Magna Grecia, che ha individuato proprio nel rapporto tra Magna Grecia e l’acqua il tema cardine del convegno stesso – afferma la direttrice del MArTA, Stella FalzoneCosì la storia di Taranto e della sua terra può essere dipanata attraverso i dolci paesaggi delle sorgenti di acque, siano essi fiumi, o citri (bocche di sorgenti) nel Mar Piccolo, che vengono evocati nella mostra, non solo attraverso i reperti, ma anche attraverso scatti fotografici del paesaggio attuale, e in particolar modo offrendo nuove letture per i reperti conservati nel Museo”.

La scelta delle opere si è focalizzata sui reperti conservati nei depositi, al fine di favorire quanto più possibile l’accessibilità al vasto patrimonio che spesso solo per motivi di spazio non è presente nelle sale della collezione permanente: un progetto, ormai divenuto anch’esso permanente, di “emersione” degli oggetti dal buio dei depositi, che coinvolge il MArTA tutto l’anno.

“L’iniziativa, ideata e realizzata interamente dal Museo archeologico nazionale di Taranto, riafferma
la volontà di valorizzare le potenzialità di un patrimonio in gran parte ancora custodito nei depositi
– dichiara il direttore generale Musei Italiani, prof. Massimo Osanna –  L’esposizione, composta esclusivamente da reperti delle collezioni del MArTA, nasce infatti dall’esigenza di restituire visibilità a materiali finora non accessibili al pubblico, in coerenza con una delle principali missioni della Direzione Generale Musei: promuovere, attraverso progetti diffusi sull’intero sistema museale nazionale, la conoscenza e la valorizzazione di questo straordinario patrimonio “invisibile”. Una particolare attenzione è riservata alle pratiche cultuali e ai racconti mitici connessi all’acqua, che a Taranto trovano attestazioni di straordinaria ricchezza.

L’esposizione è organizzata tra la bussola della Temporary Art nella Hall del Museo e la Sala mostre temporanee, al piano terra, in un dialogo costante con le opere della collezione permanente presente nei due piani del Museo.

All’inizio del percorso, accoglie il visitatore la grande teca di cristallo presente nella hall, spazio dinamico per eccellenza, che costituisce lo scrigno dove è possibile apprezzare la molteplicità dei contenitori legati all’acqua, e la loro diacronia.

Un numero limitato di opere è stato invece prelevato dalle sale e allestito temporaneamente nel piano terra del Museo, per offrire nuove chiavi di lettura per i reperti stessi: il nuovo allestimento degli oggetti offre così il vantaggio di coagulare temi e argomenti differenti, come possono essere gli aspetti rituali, i contenuti delle decorazioni figurate da leggersi in chiave religiosa, mitica o profana, i quali, uniti alla varietà dei contenitori, ci svelano funzioni multiformi, specchio della complessità della mentalità antica come della quotidianità del vivere.

Hydria, Louterion di epoca ellenistica, ma anche Trozzelle e Anfore e borracce “da pellegrino” di età medievale che avvicinano il visitatore fino alla grande tradizione della ceramica d’uso della vicina Grottaglie.

Modernità che la mostra ripropone anche accentando il tema dell’acqua che manca o va gestita nell’interesse della collettività.

A Taranto, in assenza di fiumi di grande portata, come sono il Tara o il Cervaro, l’acqua si riceveva direttamente dai pozzi scavati nel banco calcarenitico, fino alla falda freatica, attraverso le tubature in terracotta oggi in esposizione.

E così l’acqua si fa anche arte urbana con splendidi gocciolatoi, a cui si aggiunge la valenza apotropaica ed estetica della loro conformazione a protome leonina.

Poi i Romani con la loro capacità di captare l’acqua con le murature di sostegno agli acquedotti in opus reticulatum, ancora visibili lungo Corso Italia o la capacità di imbrigliare la pioggia  (compluvium/impluvium) e veicolarla negli edifici pubblici, i ninfei o le vicine Terme Pentascinensi.

Nello scenario contemporaneo in cui sull’acqua che scarseggia si imbastiscono importanti discussioni o si assumono decisioni politiche, noi da studiosi proviamo a dare il nostro contributo, richiamando anche i preziose indicazioni che arrivano dal passato – sottolinea la direttrice Falzone – come già avvenuto con l’esposizione della Lex Municipii Tarentini.