
<<Per noi, il nome Franciacorta non è una bandiera da sventolare, ma un credo, una filosofia>>. Ne è convinta Roberta Bianchi, alla guida di Villa Franciacorta con il marito Paolo Pizziol e i figli Alessio e Matteo. Franciacorta, secondo l’azienda, significa interpretare ogni annata in purezza con la creazione, esclusivamente, di millesimati, vinificare solo uve di propria produzione, applicare la viticoltura biologica, usare solo i propri lieviti in prima fermentazione. Scelte concrete, al di là delle parole, che richiedono un impegno quotidiano.


















<<Non sentirsi mai arrivati è il segreto per gestire il cambiamento, qualsiasi esso sia>>, continua Roberta.
Un credo che parte da lontano, da quando, nel 1960, il padre Alessandro Bianchi, decide di “cambiare” le sorti di Monticelli Brusati, partendo dal recupero del suo primo nucleo abitativo, un borgo del Cinquecento, Villa appunto. Il Franciacorta non esisteva ancora, al tempo erano i rossi i vini simbolo del territorio, ma Monticelli Brusati, situato nella parte Nord-Est del territorio definito dal disciplinare del Franciacorta, già nell’Ottocento era famoso per i propri vini, come testimonia l’articolo di Gabriele Rosa, pubblicato nel 1852, sulla Gazzetta di Bergamo, dove scrive, in merito ai vini franciacortini, che “ …, il vino di Monticello sta in cima a tutti per valore e bontà”.
Una presa di coscienza crescente, però, sta creando i presupposti per la nascita del Franciacorta, fortemente voluto da Bianchi, che è tra i fondatori del Consorzio di Tutela e che lo vede attore nel convincere molti ad abbandonare il metodo Charmat per abbracciare il prezioso metodo Champenoise. Forte della convinzione che “la terra non tradisce mai”, insegnamento che viene dal padre, guardia forestale e carabiniere a cavallo, Alessandro Bianchi decide di abbracciare il sogno di riportare l’antico borgo ai fasti di un tempo, preservandone l’anima e la vocazionalità, con una particolare attenzione al suolo, ancora oggi considerato dalla famiglia il patrimonio maggiore, da preservare, custodire, valorizzare e interpretare.
Quel che è Villa Franciacorta oggi, è frutto della lungimiranza del passato e dell’energia del presente. Alla guida è sempre la famiglia, che oggi è alla terza generazione, animata dalla stessa passione e dagli stessi principi di una volta. Un valore cardine è il rispetto del tempo, per questo i Franciacorta Villa hanno affinamenti lunghi sui lieviti che vanno da un minimo di 3 fino a 15 anni, perché <<il tempo, per Villa Franciacorta, è il più importante ingrediente, secondo solo al terroir>>, come ricorda Roberta.
Villa Franciacorta è una realtà complessa. La cantina, interamente ipogea e integrata nel paesaggio, è sovrastata dalla collina dove i terrazzamenti a gradoni, vitati, ricamano il paesaggio.
Sono 100 gli ettari di proprietà che abbracciano il Borgo antico, di cui 38 a vigneto, gli altri a seminativo e boschivo, altri 8 a vigneto, in comuni limitrofi, per un totale di 46 ettari vitati a conduzione biologica.
Il borgo del Cinquecento è un luogo incantevole, abbracciato da una natura incontaminata emblema di una biodiversità degna di nota, dove gli ospiti possono soggiornare o scoprire la cucina di Éla, Osteria in Villa. Éla significa “Villa” in dialetto e Villa è proprio il nome della frazione che ospita Villa Franciacorta, nome che Alessandro Bianchi ha voluto fortemente mantenere.
LA STORIA
Tutto inizia nel 1960, quando Alessandro Bianchi si innamora del borgo di Villa e decide di realizzare il sogno di riportarlo a nuova vita. Una scelta inusuale per un ragazzo di 26 anni che avrebbe potuto godere diversamente dei propri guadagni, piuttosto che intraprendere un vero e proprio percorso sociale. Nel borgo in rovina, infatti, la bellezza è ancora un potenziale. La realtà invece ha il volto della miseria, perché in questo luogo vivono dei mezzadri senza corrente elettrica e acqua potabile.
Il suo è, in primo luogo, un progetto sociale. Come prima cosa, dà dignità a questi lavoratori garantendo un salario e rendendo le abitazioni degne di questo nome, allo stesso tempo spronandoli a ridurre le rese, presupposto imprescindibile per un vino di qualità. Ad affiancarlo, anni dopo, arriva sua figlia Roberta, che fin da piccola vive l’azienda, collaborando nel fine settimana, durante le vacanze e in ogni momento libero. Roberta cresce quindi con il profumo del fieno, dell’erba tagliata e del vino, con un forte attaccamento alla terra, nella convinzione che vada rispettata, valorizzata e nutrita. Grazie alla sua grande passione si laurea in Scienze per l’Ambiente e lo Sviluppo Sostenibile.
Accanto all’impegno sociale, Alessandro Bianchi diviene un promotore del territorio. Tra i fondatori del Consorzio per la Tutela, dà vita nel 1978 al Pinot di Franciacorta Méthode Champenoise, il primo Franciacorta millesimato, ancora oggi simbolo dell’azienda con il nome Emozione. Sin dal principio la scelta è produrre esclusivamente Franciacorta Millesimati solo con le uve di propria produzione. Una scelta coraggiosa se si pensa che l’azienda lavora in regime di viticoltura biologica e che il meteo talvolta riserva annate inclementi.
Negli anni Ottanta Roberta sposa Paolo, che entra in azienda e diviene subito braccio destro di Alessandro, impegnato nell’azienda meccanica e oleodinamica che necessita di costante presenza. Negli anni Novanta la famiglia si allarga, con la nascita nel 1997 di Alessio, e, nel 1999, di Matteo.
Cresciuti anche loro, come la mamma, in cantina, imparano giocando e spesso lavorano studiando. Alessio si laurea in Ingegneria con Master in Economia e Management e una borsa di studio sull’IA. Matteo si laurea in Economia con un Master in Brand Design e Management e uno in Design di Prodotto e Comunicazione. Oggi, Alessio e Matteo arrivano ad abbracciare, con le competenze maturate, diversi settori dell’azienda, dalla comunicazione alla logistica, dal rapporto con i consulenti al design di prodotto, arrivando alla produzione vera e propria, che seguono con grande entusiasmo affiancando Roberta nei vari progetti di ricerca.
QUANDO NEL RISPETTO PER L’AMBIENTE A FARE LA DIFFERENZA È IL PENSIERO
“Coltivare la terra costa sacrificio perché la naturainsegna a essere umili e a non dare nulla per scontato. La Natura è palestra di vita”! In campagna tutto può cambiare da un momento all’altro e il lavoro di un intero anno può essere vanificato in un giorno. Con questa consapevolezza, l’azienda lavora tutti i giorni per portare ad esprimere al meglio il valore di questo grande terroir.
Villa Franciacorta si trova a Monticelli Brusati, nella parte orientale della Franciacorta, abbracciata a sud dal monte Delma e a nord dalle montagne che definiscono il lato bresciano del Sebino. Proprio grazie a queste montagne, che hanno protetto dal sovrascorrimento del ghiacciaio, il suolo di Villa Franciacorta è un terreno vergine di origine marina, antico, risalente al periodo giurassico. Argille sedimentarie e marne selcifere stratificate formano rocce ricche di fossili marini, formazioni anche descritte come Selcifero Lombardo, che hanno una forte capacità di trattenere la giusta quantità di umidità. Questi suoli hanno un’importante risalita capillare di acqua che, unita a un buon approfondimento radicale (fino a 3/4 metri), consentono un perfetto approvvigionamento di acqua. Una vite non sottoposta a stress idrico garantisce ottime acidità a garanzia della qualità e longevità dei vini quivi prodotti.
È proprio la ricchezza di argille sedimentarie e di minerali a determinare la complessità aromatica, l’importante acidità e più di tutti, l’ineguagliabile sapidità che fa parte della cifra stilistica dell’azienda.
L’area si distingue per il clima fresco,grazie alla confluenza delle correnti delle due valli bresciane, la Valcamonica e la Valtrompia, che consente alle uve di raggiungere il pieno della maturazione preservando l’acidità necessaria per la base Franciacorta. Queste caratteristiche fanno sì che a Villa Franciacorta la vendemmia nei 46 ettari di proprietà, situati nelle posizioni migliori e con pendenze talvolta estreme, che si spingono fino a 45%, inizi e finisca sempre dopo le altre aziende.
Sono le aree frutto di una zonazione “ante litteram”, iniziata negli anni Settanta e voluta da Alessandro Bianchi, per definire dove i suoli presentano i profili ideali, ricchi di sostanza organica, e la biodiversità consente l’equilibrio dell’ambiente circostante. Un lavoro che ha portato l’azienda a dividere i vigneti in 25 parcelle, che sono vendemmiate e vinificate separatamente. Gran parte delle vigne si trovano lì ancora oggi a 45 anni di distanza ed è proprio da queste che viene prelevato il materiale genetico per i nuovi vigneti. Un lavoro di costante ricerca che continua tutt’ora, scegliendo i sesti d’impianto e forme di allevamento più idonei, talvolta controcorrente come, ad esempio, il mantenimento di un vigneto storico a GDC, una forma di allevamento rara che oggi, alla luce del cambiamento climatico, dimostra una grande adattabilità. Il parco vitato è caratterizzato da una grande varietà, non una vigna uguale all’altra con diversi cloni all’interno delle stesse varietà e diversi portainnesti, per non dimenticare l’età media delle viti di circa 25 anni, con viti vecchie fino a 45 anni.
In campagna, sono le azioni concrete a fare la differenza, al di là degli slogan all’insegna della parola “sostenibilità”, ormai troppo utilizzata.
Ecco gli elementi che distinguono il lavoro in vigneto.
- Adozione, sin dal principio, della viticoltura biologica con concimazione organica e inerbimento controllato, divenuta poi certificata nel 2017;
- Clonazione delle viti vecchie, ottenute da piante di 40 anni già presenti nella proprietà nel 1960. Queste sono caratterizzate da un patrimonio genetico unico e sono naturalmente resilienti poiché quasi autoctone, perché adattate all’ambiente da tanti anni. Da esse sono prodotte le barbatelle utilizzate nei nuovi impianti;
- Presenza di un piccolo vivaio aziendale;
- Inerbimento e scelta delle specie vegetali azotofissatrici o capaci di ossigenare il terreno con le proprie radici e nutrire il suolo di minerali essenziali;
- Sfalcio dell’erba a filari alterni per garantire rifugio agli insetti fitofagi che contribuiscono al controllo dei parassiti e ad un equilibrio al quale Villa Franciacorta pone molta attenzione;
- Salvaguardia degli insetti utili, con semina di specie mellifere e protezione della fauna mantenendo siepi, alberi da frutto, querce, ginepri ed eriche, noci;
- Utilizzo di concimazioni esclusivamente naturali, anche attraverso il riutilizzo, l’anno successivo alla vendemmia, delle vinacce esauste e dei raspi come ammendante e fertilizzante;
- Adozione di BioPASS, un sistema di verifica e studio della ricchezza del suolo in termini di sostanza organica e biodiversità, fondamentale anche per contrastare i periodi siccitosi;
- Allevamento delle api, impollinatrici e indicatori della salubrità dell’ambiente;
- Mantenimento dei tradizionali muretti a secco, elemento di diversità paesaggistica e patrimonio materiale di un sapere manuale antico;
- Dal 2015 Certificazione ISO 14001 di cantina.
Si tratta di un approccio olistico, quindi, che non si limita alla certificazione biologica, ma diviene cultura, per valorizzare le risorse naturali senza forzature ed è proprio lo strumento volontario ISO che consente un continuo studio per ottimizzare le performance ambientali della produzione e del prodotto.
IL VALORE DEL TEMPO E DEL LAVORO DELL’UOMO
Esaltare quanto la natura dà in vigneto e trasformarla in Franciacorta unici: è questa la base della filosofia aziendale. La cantina, situata sotto il colle detto della Madonna della Rosa, è completamente interrata e perfettamente integrata nell’ambiente. Una volta arrivate le uve, dopo la cernita manuale e la pressatura, la fermentazione alcolica è innescata dai due ceppi di lieviti autoctoni brevettati, selezionati e replicati dall’Università di Firenze. Una lunga ricerca, partita nel 2013, che ha portato all’individuazione di 300 ceppi con altrettanti profili genetici, selezionati nei secoli all’interno della cantina. Di questi ne sono stati scelti due, FCR3 e FCR6, utilizzati in esclusiva, a partire dal 2017 per fermentare tutti i vini base: R3 sul Pinot Nero, R6 su Chardonnay. Questi lieviti sono stati registrati e depositati sotto il marchio “Villa Franciacorta” e vengono clonati e conferiti alla azienda, consentendo di riprodurre una fermentazione senza i rischi generalmente connessi all’uso di indigeni non selezionati, con un risultato di altissimo livello.
<<È una scelta coerente con il lavoro che facciamo in vigna. Non avrebbe senso, infatti, investire tante energie per poi usare lieviti commerciali, che ridurrebbero l’unicità e la forte caratterizzazione del nostro Franciacorta, con questi lieviti tuteliamo la biodiversità di cantina>>, afferma Roberta.
Alla tecnologia si unisce il valore dell’uomo. Conservate in un “religioso” silenzio e nella quasi totale oscurità, le bottiglie vengono disposte dapprima in catasta, una ad una a mano e successivamente in pupitres, dove ogni giorno vengono rigirate 19.000 bottiglie a mano, secondo l’antica arte del remuage. Un lavoro enorme, tanto che ogni bottiglia si calcola sia toccata ben 150 volte prima di giungere in tavola. Il minimo di permanenza sui lieviti è di tre anni, con riserve che arrivano fino a 15 anni sui lieviti.
Tra i concetti più cari alla cantina c’è l’approccio 3R – Risparmiare, Riciclare, Riprodurre:
- Risparmiare vetro – Dal 2016, è stata scelta una bottiglia più leggera prodotta esclusivamente per Villa Franciacorta, che permette di limitare le emissioni di CO2. Ciò consente una ridotta impronta ecologica, data non solo dal risparmio di materia prima, ma anche dalla minore produzione di CO2 in fase di trasporto;
- Riciclare vetro – L’utilizzo di vetro riciclato permette alla vetreria un risparmio energetico dal 3% al 5%;
- Riprodurre un atteggiamento virtuoso che ha portato alla industrializzazione del processo, perché questa bottiglia possa quindi essere utilizzata anche da altre cantine.
<<Non amo parlare di Sviluppo Sostenibile, ma di Sviluppo Generativo di Valori. Le 3R sono per noi una scelta generativa di valori perché desideriamo creare un modello che possa essere adottato e replicato>>, dice Roberta.
GLI ELEMENTI DISTINTIVI
- Presenza della cantina interrata, che consente di portare a zero l’impatto visivo e godere della naturale refrigerazione;
- Tutela del suolo, matrice che dà il frutto. Il borgo è esattamente con gli stessi volumi del ‘500, proprio per preservare la risorsa non rinnovabile;
- Adozione di un impianto fotovoltaico di pannelli solari sulle coperture in grado di produrre annualmente circa KW 100;
- Utilizzo della tecnica del freddo per la stabilizzazione e la chiarifica dei vini;
- Igienizzazione delle botti e della cantina senza detergenti, con getti di acqua bollente;
- Recupero dell’acqua piovana per l’irrigazione del prato e acqua dal pozzo per la pulizia dei locali di cantina e per tutte le operazioni di lavaggio durante la vendemmia;
- Certificazione ISO 14001;
- Impegno costante nella ricerca;
- L’azienda crede nel ruolo fondamentale dell’istruzione e collabora con scuole di formazione e atenei per ospitare stagisti e accompagnarli nel mondo del lavoro, finanzia borse di studio e dottorati di ricerca. La sostenibilità sociale è una priorità per Villa Franciacorta che sostiene scuole di paesi terzi, convinta che l’istruzione sia l’unica fonte di riscatto.
COLONNE SU CUI POGGIA LA FILOSOFIA AZIENDALE
- Tutela del suolo;
- Uso esclusivo di uve di propria produzione;
- Controllo dell’intera filiera;
- Produzione di soli millesimati;
- Lavorazione esclusivamente a mano;
- Uso esclusivo di lieviti indigeni brevettati in prima fermentazione;
- Certificazione biologica;
- Certificazione Ambientale ISO14001;
- Economia circolare;
- Ricerca costante.
Grazie a queste pratiche, Villa Franciacorta è stata scelta dall’Università Cattolica di Brescia per rappresentare al Trinity Hall di Cambridge una case history di riferimento per la Sostenibilità Ambientale e di passaggio generazionale.
L’OSPITALITÁ A TUTTO TONDO
Visitare Villa Franciacorta è un incantevole viaggio nel tempo, un’escursione nel borgo che si adagia ai piedi del Colle della Madonna della Rosa, avvolto da boschi di querce, eriche e ginepri, che creano un microclima ideale per i vigneti. Fulcro è la cantina ipogea, aperta su prenotazione, dove il visitatore può compiere un vero “viaggio nel tempo e nel cuore della Franciacorta”, scoprendo come nascono i Millesimati, dalla pressatura all’affinamento in cataste alle pupitres, fino ad arrivare al prodotto finito.
La cantina si inserisce nello splendido borgo, in cui ogni angolo racconta una storia: la strada romana che accarezza il torrente, l’antico pozzo che sorride al viale, la Villa padronale e le antiche dimore dei contadini.
La storia della località Villa, primo nucleo abitativo di Monticelli Brusati, si intreccia con le radici di nobili famiglie e una viticoltura che risale all’epoca gallica. Grazie all’acquisto di Alessandro Bianchi, nel 1960, questo luogo magico viene portato a nuova vita. Dopo anni di meticoloso restauro, nel 1990 nasce uno dei primi agriturismi in Italia, Villa Gradoni Charme & Nature, dove il rispetto per l’architettura tradizionale si fonde con l’ospitalità moderna, creando un’oasi di pace immersa nella natura, a pochi minuti dal Lago d’Iseo.
La struttura offre 22 appartamenti, frutto del recupero delle antiche case dei contadini. Un grande giardino completo di barbecue, piscine e un parco giochi per bambini lo rendono il luogo ideale per un weekend in famiglia, ma anche per un soggiorno che consenta di staccare la spina. Per chi ama lo shopping, a pochi chilometri si trova il Franciacorta Village, un centro dedicato alla moda dove le marche più prestigiose offrono le loro collezioni. Gli ospiti possono anche avventurarsi nel parco naturale delle Torbiere, scoprire monasteri o perdersi nelle bellezze del lago d’Iseo, inclusa la visita a Monte Isola, l’isola lacustre più grande d’Europa. La sua posizione privilegiata permette di esplorare facilmente le città di Brescia, Bergamo, Mantova, Cremona, Milano e Verona, ricche di musei, castelli, monasteri ed animate da molti eventi culturali.
IL RISTORANTE ÉLA
Éla, Osteria in Villa, è un omaggio alla tradizione, un luogo dove il profumo di ricette familiari fa sentire a casa. Ricavato nelle antiche scuderie, questo luogo possiede un’anima che celebra le relazioni e l’accoglienza. Éla si erge come un ponte tra la ricca cultura gastronomica bresciana e la contemporaneità. Qui lo chef Andrea Marenzi, alla guida dal 2020, esprime la passione per la ristorazione attraverso l’arte della cucina, dove ogni piatto è una scoperta dei tesori del territorio. Cibi studiati per esaltare i Millesimati di Villa Franciacorta in un ambiente che richiama le storiche osterie di un tempo. Particolare attenzione è prestata ai prodotti a km 0, scelta che presenta tre motivazioni: il sostegno all’economia locale, la riduzione dell’inquinamento provocato dai trasporti e la specificità territoriale, non replicabile.
Il menù, curato con passione, celebra la stagionalità e i tesori del territorio. I piatti, come i risotti e la punta di vitello ripiena, raccontano storie di sapori intensi, mentre la giardiniera di verdure della casa, si fa portavoce della tradizione locale offrendo una proposta vegetariana. Il lago regala il suo tesoro, con il pesce di Soardi e le sarde secche di Montisola, la verdura viene coltivata e raccolta nei campi della Franciacorta, i formaggi, come Fatuli, Silter DOP e Tombea provengono da fornitori che ancora lavorano a latte crudo e utilizzano le tradizionali malghe, tra cui l’Azienda Agricola Prestello, Le Frise e Malga Alvezza Cima Rest.
A gestire la sala, Alessia, che guida gli ospiti nella scelta dei vini, anzitutto i Millesimati di Villa Franciacorta, i blasonati rossi quali il famoso Gradoni, taglio bordolese, il Bianchi Roncalli, Barbera in purezza creatura del fondatore, per non dimenticare il Quercus, un Merlot in purezza. Arricchiscono la carta del vino altre etichette provenienti da tutta Italia.
LA STORIA DI ANDREA MARENZI
La passione dello Chef Andrea Marenzi per la cucina inizia con i nonni Angelo e Paolina, proprietari dell’albergo Patria a Gussago, che gli trasmettono un patrimonio di ricette tramandate di generazione in generazione, valorizzando i sapori e i piatti che caratterizzano la cultura gastronomica locale.
Negli anni Novanta, Andrea arriva in Toscana, esperienza che porta nella propria cucina influenze e ingredienti nuovi. Nel 2015, apre La Cucina del Santellone, una proposta gastronomica che valorizza prodotti a km 0 e sapori dell’area. Questo spirito di ricerca lo guida verso il Lago d’Iseo, dove le materie prime locali diventano protagoniste dei suoi piatti.
Nel 2020 realizza il suo sogno: Éla Osteria.
RESPIRARE IL PROFUMO DELLA TERRA
Il cognome è qualcosa che identifica tutte le famiglie all’anagrafe ma può rispecchiare anche un’identità forte se viene arricchito dell’umanità, della storia e dell’affetto delle persone. I Barisèi è il nome con cui la famiglia Bariselli è chiamata in modo colloquiale e affettuoso da cinque generazioni nel dialetto del proprio territorio: la Franciacorta. Il dialetto, quindi, come forma di concreto orgoglio contadino, inteso non come l’intenzione di chiudersi nel proprio passato bensì come simbolo del desiderio di far conoscere la propria magnifica terra – e la sua cultura – anche al di fuori dei suoi stessi confini.
Il legame tra Gian Mario Bariselli e la sua terra inizia da lontano, da quella civiltà contadina che, grazie ai monaci benedettini, recuperò questi terreni dal pantano lasciato dallo scioglimento del ghiacciaio. Ben prima che il Franciacorta nascesse, i Bariselli erano qui, a custodire i migliori appezzamenti dell’anfiteatro morenico, perché al tempo, qui, in una zona quasi disabitata, i contadini potevano scegliere i luoghi migliori. Dal 1898, i Bariselli coltivano la terra, seminativi, un po’ di vigneto e allevano animali. A inizio Novecento Paolo Bariselli compra la cascina a Nigoline che, al tempo, ospita anche una stazione di monta per i cavalli, unico mezzo per lavorare nei campi. Ancora oggi la famiglia alleva orgogliosamente vacche fassone, dalle quale si ricava il “burro nero”, il letame, con cui sono concimate le vigne.
L’intraprendenza di Paolo e, successivamente, di Gian Battista e Francesco, portano a guardare un po’ più in là e iniziare a pensare di produrre un grande vino. Sono gli anni in cui nasce il Franciacorta, denominazione riconosciuta nel 1967. A dare la svolta è però Gian Mario, figlio di Francesco, e ora la figlia Gloria, che fonda I Barisèi a Erbusco, borgo simbolo della denominazione. Oggi sviluppata su 48 ettari vitati, tutti situati nell’anfiteatro morenico della Franciacorta, I Barisèi ha scelto di dedicarsi ai Millesimati con lunghi affinamenti.
UNA STORIA DIVERSA, CHE INIZIA CON PICCOLI PASSI
Il logo I Barisèi richiama le tracce prodotte sul suolo dalle ruote dei trattori, grande passione di Gian Mario, che ne possiede una bellissima collezione. Rimanda anche all’antica e autentica origine contadina di una famiglia dedita all’agricoltura intesa come sistema, non come attività specializzata.
<<La storia della nostra azienda è diversa da qualunque altra in Franciacorta. – afferma Gian Mario. – Sono cresciuto in una semplice famiglia di contadini e ho visto la Franciacorta trasformarsi da una terra povera e difficile da coltivare in un’area vocata per le grandi bollicine metodo classico. Se un tempo mio padre coltivava la vite per produrre vino da vendere sfuso, io ho voluto puntare tutto su questo vino con un progetto che guarda al futuro. >>
AUTENTICITÁ E CONCRETEZZA
Autenticità e concretezza sono due caratteristiche che contraddistinguono chi lavora la terra e preferisce i fatti alle parole. Per realizzare il progetto Gian Mario ha puntato su Paolo Turra, enologo entrato in cantina a soli 24 anni dopo un’esperienza importante in Bellavista, affiancato dal rinomato consulente esterno Massimo Azzolini. <<Saper aspettare è una caratteristica di chi lavora la terra, consapevole che per raccoglierne i frutti sono necessari pazienza e costanza. >> Continua Gian Mario. Per questo I Barisèi, sin dalla prima annata, il 2012, produce Franciacorta con lunghi affinamenti. Sebbene con 70 mesi di affinamento si possa parlare di Franciacorta Riserva, per Gian Mario non sono ancora sufficienti e il suo Franciacorta Riserva esce con almeno 90 mesi di affinamento. Fare le cose bene è al centro di ogni scelta e per questo l’azienda produce solo 120.000 bottiglie.
ANDARE IN SCENA NELL’ANFITEATRO
Una terra magica forgiata dai ghiacci e coccolata dai venti. Così Gian Mario definisce l’anfiteatro morenico dove si trovano i propri terreni, i più antichi. La Franciacorta, infatti, nasce migliaia di anni fa, quando il ghiacciaio dell’Adamello, facendo a pezzi le montagne e rimescolando il terreno dalla Val Camonica, raggiunse questa terra forgiandola con il suo gelo. Il risultato fu la conca glaciale con le sue dolci colline, e i terreni morenici, caratterizzati dalla loro diversità e dalla loro ricchezza di sassi e pietre. Create a seguito dell’erosione glaciale, al loro interno presentano una incredibile varietà di terreni. Il ghiacciaio, infatti, muovendosi prima e ritirandosi dopo, ha smosso la terra sottostante lasciando sedimenti di materiali di diversa natura. Le vignede I Barisèi ricadono tutte all’interno del bacino di derivazione glaciale, nelle zone più vocate del territorio, e sono allevate su tre delle sei unità vocazionali identificate dal Consorzio Vini Franciacorta. Alle caratteristiche del suolo si affianca il microclima che beneficia da un lato del riparo delle montagne dal vento di tramontana, dall’altro della azione termoregolatrice del Lago d’Iseo. Assaggiando i Franciacorta I Barisèi si ritrova la mineralità scaturita dai sassi, che racconta la storia di quel ghiacciaio. Sono vini dalla personalità unica, equilibrati e corposi, persistenti, quasi masticabili.
La superficie vitata è di circa 48 ettari (85% chardonnay, 15% pinot nero), distribuiti nelle vicine aree di Torbiato, Adro, Monterotondo, Corte Franca, Calino e in località Bettolino. I vigneti, di età media oltre i venti anni, sono condotti secondo i criteri dell’agricoltura biologica dal 2014 <<Viviamo da sempre in questa terra e la coltiviamo da generazioni. Per noi la viticoltura biologica è la sola scelta possibile perché è ciò che abbiamo sempre fatto. Chi lavora in vigna sente di essere parte di qualcosa di grande: la terra è un elemento vivo e prezioso, da accudire senza forzature. >> Una viticoltura che prevede un basso impatto ambientale, dove l’unico concime usato è il “burro nero”, il letame proveniente dai propri bovini. Tra le scelte più lungimiranti in vigneto, la decisione di introdurre la microirrigazione interrata già nel 2016, prima quindi che l’emergenza climatica emergesse in tutta la sua drammaticità, per evitare al tempo stesso lo stress delle viti e lo spreco di acqua che si avrebbe con l’irrigazione di superficie.
UN’ EVOLUZIONE CONTINUA
<< La nostra azienda ha piccole dimensioni e questo ci consente di compiere scelte coraggiose, talvolta anche rischiando>> afferma Gian Mario. In cantina l’enologo Paolo Turra sperimenta costantemente. Ogni vigneto viene vinificato separatamente per comprendere le differenze e scegliere poi l’assemblaggio. Il Francesco Battista Rosé – Riserva dei Fondatori, in commercio con l’annata 2015, è il simbolo di questa ricerca, ottenuto dalla criomacerazione delle uve Pinot Nero. <<La criomacerazione al 100% consente l’estrazione a freddo che evita l’avvio della fermentazione e l’estrazione di tannini amari dai vinaccioli. Una volta diraspata, l’uva cade sul nastro dove viene cosparsa di ghiaccio secco a – 78°. Il processo prevede la sublimazione da solido a gas, e il ghiaccio secco a contatto con la buccia estrae il colore in modo naturale>>.
A questo si affianca lo studio che ha dimostrato come la conservazione delle bottiglie di Franciacorta in verticale invece che orizzontale dia risultati migliori. Una vera rivoluzione, questa, la cui validità è stata avvallata dall’Università di Milano. << Il principio per il quale la bottiglia va conservata orizzontalmente vale per i vini fermi ma non per i nostri Franciacorta. – Afferma Paolo Turra. – Nella bottiglia coricata l’ossigeno ha solo la barriera del tappo mentre, nel caso della bottiglia di Metodo Classico conservata in verticale, le barriere sono due. Una è il tappo e la seconda la Co2 tra la chiusura e il vino. In questo modo la conservazione è migliore. Per questo motivo abbiamo realizzato dei cartoni “verticali”. >> Una differenza riscontrata in fase di assaggio, mettendo a paragone bottiglie conservate nei due modi, dalla quale emerge che le bottiglie conservate in verticale hanno sentori più fini mentre quelle tenute in orizzontale risultano più evolute.

