VIOLENZA CONTRO IL PERSONALE SANITARIO PUGLIESE: UNO STUDIO DELLA REGIONE PUGLIA PUBBLICATO SU PRESTIGIOSA RIVISTA SCIENTIFICA

Sul tema della violenza contro medici e operatori sanitari è stato appena pubblicato sulla prestigiosa rivista “La Medicina del Lavoro”, organo della Società Italiana di Medicina del Lavoro (SIML), uno studio condotto su oltre tremila lavoratori del Sistema Sanitario Regionale pugliese.

La ricerca ha il titolo “GENDER DISPARITIES IN WORKPLACE VIOLENCE AMONG ITALIAN HEALTHCARE WORKERS: A CROSS-SECTIONAL STUDY” (Disparità  di genere nella violenza sul posto di lavoro tra gli operatori sanitari italiani: uno studio trasversale)

L’indagine è stata fortemente voluta dal Direttore del Dipartimento di Promozione della Salute e del Benessere Animale della Regione Puglia, Vito Montanaro, in risposta agli eventi verificatisi anche nella nostra Regione.

“Siamo vicini – ha dichiarato il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano –  a tutti gli operatori e operatrici che hanno subito violenze negli ospedali e negli altri luoghi del servizio sanitario regionale. Sappiamo che le cause sono molteplici e la collaborazione con le forze dell’ordine è fondamentale, ma anche che bisogna studiare e prevenire ogni atto sconsiderato che danneggia chi quotidianamente è al servizio dei cittadini sfidando molte difficoltà strutturali”.

“La Regione Puglia – ha detto il direttore del Dipartimento Salute, Vito Montanaro – ha iniziato una complessa analisi del fenomeno della violenza contro gli operatori sanitari, che è già arrivata alla sottoscrizione di protocolli d’intesa con le Prefetture e con l’implementazione di nuove figure nei reparti a rischio, come i pronto soccorso, dove si sta sperimentando l’attivazione dell’ Infermiere di processo”.

L’indagine è stata resa possibile grazie allo strumento del Sistema Regionale di Gestione Integrata della Sicurezza sul Lavoro (SiRGISL), coordinato dal dott. Donato “Danny” Sivo, supportato scientificamente dai docenti della Scuola di Specializzazione di Medicina del Lavoro dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, diretta dal prof. Luigi Vimercati e anche grazie all’impegno della FNOMCeO, guidata dal dott. Filippo Anelli.

Secondo il prof. Luigi Vimercati, di Medicina del Lavoro di Uniba – la violenza sul luogo di lavoro è infatti ormai universalmente riconosciuta come un importante problema di salute pubblica a livello globale ed è una delle problematiche di maggiore interesse per il settore sanitario”.

 “Alla fine dello scorso giugno – spiega il dott. Danny Sivo, del Sirgisl  – nella sede del Dipartimento Salute della Regione Puglia si è già insediato l’ORSEPS, l’Osservatorio Regionale sulla Sicurezza degli Esercenti le Professioni Sanitarie e Socio-sanitarie. Con l’insediamento, sono state condivise le attività ed è stato costituito l’organo collegiale e del nucleo operativo che garantiranno la governance regionale, il monitoraggio attuativo delle azioni previste dalle Linee di indirizzo per la prevenzione e gestione delle aggressioni in danno degli operatori sanitari”.

Leggendo la ricerca recentemente pubblicata emerge che – in particolare – i Medici Competenti delle strutture sanitarie regionali pugliesi hanno coinvolto un’ampia coorte di lavoratori, tremiladuecentoquarantadue (3242) dipendenti, rappresentati da Dirigenti Medici, Infermieri, Operatori Socio Sanitari (OSS) ed altre figure professionali di interesse sanitario, ai quali è stato chiesto di rispondere in forma anonima ad una serie di quesiti presenti nel questionario Workplace Violence in the Health Care Sector, redatto da prestigiose Istituzioni Internazionali, tra le quali anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità.

I risultati ottenuti mostrano che circa il 42% degli operatori coinvolti ha riferito di essere stato vittima di violenza sul posto di lavoro, con il 29% che ha subito aggressioni nell’ultimo anno.

Le categorie maggiormente interessate dal fenomeno sono rappresentate dai medici (34,7%), dagli infermieri (32,9%) e dai farmacisti ospedalieri (31,9%).

In particolare, il 40% dei lavoratori dediti all’assistenza delle prime fasce d’età della popolazione ha riferito di aver subito un episodio di violenza nell’ultimo anno.

La maggioranza (91%) degli episodi violenti è avvenuta all’interno delle strutture ospedaliere, con un rischio di aggressione particolarmente elevato durante i turni notturni (35,1%).

In tale analisi, un importante fattore di rischio associati al verificarsi dell’evento violento sembra inoltre essere rappresentati da un’anzianità lavorativa inferiore a 5 anni (38,5% dei soggetti).

La violenza verbale rappresenta il tipo di aggressione più comune (87%), tuttavia, le percentuali di violenza fisica (12%) e di molestia sessuale (3%) nell’ultimo anno risultano preoccupanti.

L’analisi infine rivela che i soggetti che si identificano con un genere non binario sono stati colpiti in misura maggiore da episodi di violenza nei luoghi di lavoro (39,5%) rispetto agli operatori di sesso maschile e femminile.

Nella popolazione reclutata, 71 soggetti (2,2%) hanno riportato lesioni fisiche a seguito dell’aggressione, e di questi il 49% ha dovuto assentarsi dal luogo di lavoro, per un periodo della durata superiore alle due settimane nel 21% dei casi.

In tali situazioni, appare rilevante come il 29,5% dei soggetti aggrediti non riesca ad identificare la motivazione scatenante l’episodio di violenza, mentre le cause degli altri episodi sembrerebbero essere legate a mancato o ritardo dell’elargizione della prestazione nel 15% dei casi, alla comunicazione di notizie infauste nel 5% dei casi, o all’interazione con pazienti psichiatrici o in stato di agitazione psicomotoria nel 4,2% dei casi.

I soggetti che hanno riportato lesioni fisiche nella maggioranza dei casi appartengono alla categoria professionale degli infermieri (40%), mentre nel 13% dei casi risultano essere medici e nel 14% dei casi appartengono a professioni sanitarie o di interesse sanitario.

Nel 46,6% dei casi, infine, gli operatori che hanno riportato lesioni fisiche interagivano per la maggior parte della loro attività lavorativa con utenza psichiatrica o affetta da disabilità psichica.

“L’indagine – spiegano Vimercati e Sivo – sottolinea l’importanza che le autorità locali, regionali e nazionali adottino misure efficaci per contrastare questo fenomeno e garantire la sicurezza del personale sanitario, attraverso l’attivazione di nuovi sistemi organizzativi e strategie metodologiche atte a prevedere le criticità al fine di prevenirle.

Queste misure dovrebbero includere oltre all’investimento in risorse professionali e a campagne di sensibilizzazione per informare il pubblico sull’importanza del lavoro svolto dagli operatori sanitari, anche interventi formativi volti alla gestione efficace di situazioni potenzialmente pericolose e a migliorare la comunicazione.

L’acquisizione di strumenti e di tecniche per l’evoluzione delle capacità comunicative, nel rapporto con l’utenza, rappresenta un accrescimento professionale di importanza strategica per gli operatori sanitari, che si trovano quotidianamente coinvolti in momenti comunicativi ad alta intensità emotiva.

I fattori che incidono sull’emotività degli operatori sono spesso correlati a gravità clinica, urgenza di intervenire su più pazienti, pressanti richieste e reazioni imprevedibili dei familiari, difficoltà di fornire informazioni su situazioni cliniche in evoluzione, comunicazione di notizie infauste.

Appaiono fondamentali, pertanto, per la gestione e prevenzione degli episodi di violenza la promozione di attività formative volte all’acquisizione di una maggiore capacità di gestione della comunicazione, che consentano di migliorare la qualità della relazione di cura e lo scambio comunicativo con il paziente e con le persone a lui vicine e dunque di ridurre le probabilità di uno sviluppo conflittuale dei momenti di difficoltà e di tensione”.

La violenza sul luogo di lavoro – si legge nella ricerca –  è infatti ormai universalmente riconosciuta come un importante problema di salute pubblica a livello globale ed è una delle problematiche di maggiore interesse per il settore sanitario.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), stima che circa un operatore sanitario su due, nel corso della propria carriera, sia stato vittima di violenza, e nell’ European Working Conditions Survey condotta nel 2022, la percentuale di lavoratori europei che riferiscono di dover gestire “utenti/pazienti/colleghi violenti” è in media del 16%, con percentuali che vanno dal 3% al 4% in Danimarca, Finlandia e Norvegia, con il 37% in Albania e il 30% in Spagna.

Per quanto attiene le stime nazionali, i dati forniti dall’INAIL e relativi al triennio 2019-2021, attestano circa cinquemila aggressioni a carico del personale sanitario, che si traducono in una media di 4 aggressioni al giorno.