Ermanno Olmi Al Palaflorio di Bari, set del suo nuovo film dal titolo “Il villaggio di cartone” (una produzione Cinemaundici in collaborazione con Rai Cinema, Edison e Apulia Film Commission), racconta la genesi e la storia del suo ritorno al lungometraggio cinematografico, dopo la decisione di dedicarsi soltanto ai cortometraggi o ai documentari.
Spiega, poi, le circostanze che lo hanno portare a scegliere il Capoluogo pugliese e, in particolare, il Palazzetto dello Sport (recentemente inaugurato dopo la chiusura durata 7 anni) come “ambientazione ideale” del suo lavoro.
«Avevo bisogno di un teatro di posa alto almeno 15 metri per la costruzione di una chiesa ma non ne ho trovato alcuno; abbiamo cercato nei capannoni industriali e miracolosamente, mentre ero qui in vacanza, circolava la voce dell’esistenza di questo palazzetto: quando sono entrato per la prima volta ho pensato che fosse un teatro di posa perfetto», ha spiegato Olmi evidenziando la cifra quasi provvidenziale della sua esperienza barese.
Sull’argomento, Elio Sannicandro, Assessore allo Sport del Comune di Bari, ha rivelato la sua iniziale “resistenza” nel concedere al regista il Palaflorio «solo per l’amore per lo sport di averlo sempre disponibile per gli appuntamenti sportivi». Ciò nonostante, si è detto «orgoglioso di ospitare un evento culturale di simile portata».
La realizzazione del film è stata possibile anche grazie al finanziamento fornito dalla società di energia Edison con la formula del Tax Credit (il decreto del gennaio 2010 che regola l’attività di soggetti non appartenenti nel settore cinematografico ma decisi ad operare nelle produzioni cinematografiche con un Tax Credit pari al 40% del loro contributo). Le ragioni della collaborazione sono state indicate nel legame storico tra la società e il regista e nel tema comune del collegamento tra Oriente ed Occidente.
Per tornare, dunque, al contenuto e al significato del film, Ermanno Olmi ha rivelato come il tema principale consista nell’accostare due mondi divisi dal pregiudizio: quello dei bianchi e dei neri e, dunque, dell’immigrazione e dell’integrazione della popolazione africana in Europa. Un argomento di particolare rilievo anche per il Presidente dell’Apulia Film Commission Oscar Iarussi in quanto «decisivo per l’identità pugliese».
Il cast, infatti, oltre ai personaggi principali interpretati da attori come Michael Lonsdale (nella parte del vecchio prete), Rutger Hauer (il sacrestano), Massimo De Francovich (il medico) e Alessandro Haber (il graduato), è composto da artisti non professionisti provenienti da varie zone dell’Africa ma residenti in Italia. Tutti hanno scoperto quasi “per caso” la possibilità di lavorare con il regista considerandola come «un’opportunità per il cambiamento culturale della mentalità con cui sono considerati gli stranieri nel mondo».
Una simile scelta, definita dal Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola “inattuale” e “poeticamente controcorrente” in un periodo di “incultura dominante”, è stata argomentata da Olmi con una ragione precisa: «Quando sono venuto in contatto con i miei amici neri ho scoperto la mia ignoranza: chiacchierando con loro durante i provini ho capito che noi abbiamo perso un’opportunità di godere della vita che loro hanno ancora. In questo film cerco di raccontare la mia scoperta di un’umanità che è rimasta tale come il colore della pelle, ho scoperto che sarà l’Africa ad aiutare noi e non viceversa perché il futuro è nelle origini». Parole profetiche.
Marisa Della Gatta
photo Egidio Magnani