Bari – L’assessore regionale all’Istruzione, Sebastiano Leo, scrive alla ministra dell’Università Anna Maria Bernini 

Pregiatissima Ministra,

in queste ore assistiamo alle proteste in tutto il Paese della comunità studentesca sulla questione degli alloggi per i fuorisede. L’Italia deve rimettersi al passo degli altri paesi europei che in questi anni hanno investito ingenti risorse sull’housing studentesco e sull’attrattività delle loro città universitarie.

I finanziamenti previsti nell’ambito del PNRR potrebbero essere l’ultima buona occasione per colmare questo divario, consentendo all’Italia di compiere quel balzo in avanti ormai indispensabile non solo per un paese che si definisce “moderno”, ma per non disperdere lo straordinario capitale umano ed economico rappresentato dalle Università e dalle comunità studentesche sui territori.

Negli scorsi giorni il CdM ha autorizzato lo sblocco di 660 milioni di euro per la creazione di 47.500 nuovi posti per studenti fuori sede; il fondo “housing universitario” ha come beneficiari soggetti privati che, in collaborazione con le Università italiane, potranno realizzare alloggi in strutture esistenti o creandone delle nuove. Il timore è che, una volta terminate le risorse previste dal PNRR che tengono sotto controllo i prezzi degli alloggi garantendo una tariffa calmierata, a partire dal 2026, questi posti saranno offerti a prezzi di mercato, quindi molto più cari e dunque appannaggio solo di chi potrà permetterselo.

È fondamentale che la regia degli interventi in materia di residenze universitarie e dei servizi a disposizione degli studenti resti pubblica. Questo perché, nonostante gli investimenti che facciamo sul diritto allo studio, esiste ancora un divario economico e sociale che penalizza i soggetti più svantaggiati, in particolare chi deve affrontare le spese per sostenere un figlio fuori sede. Un divario che va colmato.

Per realizzare pienamente il diritto allo studio va aperta una riflessione collettiva sul rapporto tra le città e le università, su quali modelli di sviluppo adottare, su dove collocare i nuovi alloggi universitari, in relazione ai sistemi urbani e ai territori che le accolgono. Da questo punto di vista, infatti, è importante immaginare una “Università di prossimità”, un modello di pianificazione e di sviluppo delle residenze e di tutti i servizi a disposizione della comunità studentesca in contesti urbani, vicini ai luoghi della didattica, con percorsi percorribili in un massimo di 15/20 minuti.

Come sostiene il filosofo e sociologo francese, Henri Lefebvre, il Diritto allo Studio è un Diritto alla Città, un diritto all’abitare nella città universitaria in condizioni di qualità, di accesso, di sicurezza, di salubrità. Per questo il tema dell’housing universitario diventa centrale, affinché le residenze possano trasformarsi in veri e propri incubatori urbani e umani, oltre che stimolo per la rigenerazione delle nostre città. Luoghi di scambio dotati di spazi per la cultura, il tempo libero, lo sport e la convivialità, aperti non solo alla comunità studentesca ma all’intera cittadinanza. Non bisogna immaginare gli studenti come city users ma come parti integranti delle comunità urbane, protagonisti dell’avvio di nuove politiche capaci di generare un benessere sociale per la collettività.

Il progetto “Puglia Regione Universitaria” che stiamo portando avanti da qualche anno in sinergia con gli atenei e le città universitarie mira proprio a questo: proporre delle politiche sul diritto allo studio condivise con tutti gli stakeholders, ovvero istituzioni, sistemi di alta formazione, organizzazioni studentesche, forze economiche e sociali, associazionismo culturale. Un approccio trasversale che pone al centro il benessere degli studenti in quanto cittadini. Politiche che incrociano il tema dell’housing, ma anche quello delle facilities per la socializzazione e la cultura, della sostenibilità, dei trasporti, delle disabilità e fragilità.

Dunque, egregia Ministra, le questioni che le proteste degli studenti hanno portato alla luce partono dall’emergenza abitativa e dagli alloggi studenteschi, ma sono molto più complesse e sfaccettate, riguardano la visione strategica nazionale di sviluppo del nostro Paese che, partendo dall’università e dal suo capitale umano, dalle città e dai suoi studenti-cittadini, può avviare un profondo processo di rigenerazione e cambiamento. Per fare questo però è necessario allargare il tavolo del confronto a tutti i soggetti coinvolti, le Regioni, gli Enti locali, le Università, le associazioni studentesche, il terzo settore; una grande fase di concertazione, di cui mi auspico voglia farsi promotrice, che individui soluzioni e modelli condivisi.