CONFARTIGIANATO BARI : IL SALARIO MINIMO NON È LA SOLUZIONE AL LAVORO POVERO.

Contrattazione di qualità e riforma fiscale le proposte per rilanciare la produttività e ridare valore ai salari.

Uno dei temi caldi al centro della politica italiana nelle ultime settimane è il “salario minimo” con una proposta che tende a disintermediare le relazioni industriali, partendo dal presupposto, sbagliato, che la legge può fare meglio della contrattazione collettiva.

Piuttosto che di salario minimo imposto per legge sarebbe invece importante vigilare sulla effettiva applicazione di quei contratti collettivi sviluppati dalle organizzazioni datoriali realmente rappresentative, riservando benefici fiscali alle imprese che ne rispettino integralmente le norme.

Il salario minimo per legge serve nei Paesi a bassa copertura contrattuale degli occupati. In Italia, invece, il contenuto protettivo dei contratti collettivi di lavoro sottoscritti dalle organizzazioni datoriali e sindacali maggiormente rappresentative è fra i migliori del mondo e ha finora assicurato importanti tutele collettive ai lavoratori. Ciò a maggior ragione vale per i contratti – come quelli dell’artigianato – che, tramite consolidati sistemi di bilateralità, sono riusciti a costruire articolate prestazioni di welfare negoziale e di protezione sociale.

“In un Paese a produttività stagnante da decenni, pensare di risolvere in modo semplicistico il problema del ‘lavoro povero’ sarebbe un errore capitale. Non servono soluzioni estemporanee, ma è necessario affrontare con coscienza e pragmatismo il tema cruciale dal quale dipende la tenuta del nostro sistema economico: per garantire aumenti salariali bisogna ridurre il prelievo fiscale che assorbe gran parte di quello che le imprese versano ai propri dipendenti.” Così il presidente di Confartigianato Bari – Francesco Sgherza che prosegue: “affinché possano crearsi maggiori occasioni di occupazione e condizioni migliori di lavoro, occorre non solo garantire l’applicazione di una contrattazione di qualità, ma anche liberare risorse attraverso una riforma fiscale che rilanci produttività e potere d’acquisto.Serve un fisco più semplice, orientato alla crescita, a misura di piccole imprese.”

In tale direzione è positiva la valutazione di Confartigianato sui criteri direttivi generali della riforma fiscale in cantiere che puntano sulla crescita e sulla semplificazione, quantomai necessaria per il sistema tributario italiano che è tra i più complicati nei Paesi Ocse, e che costringe gli imprenditori a sprecare 238 ore l’anno per occuparsi degli adempimenti burocratici fiscali.

“Sono certo che quando si riuscirà a realizzare una riforma fiscale che valuti il taglio della tassazione a carico delle imprese non come una mera riduzione di gettito necessario a ripianare i conti, ma come un investimento per la crescita, si avvierà un periodo virtuoso per imprese e lavoratori” conclude Sgherza.